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Dic 04, 2012 Attualità, Italia
L’Italia non è un paese per donne. Non lo è perché nei primi sei mesi del 2012 le donne uccise da chi sosteneva di amarle sono state centotredici. 127 in tutto il 2011. Non lo è perché il 36% delle donne che ha subito violenza non la considera un crimine. Non lo è perché esistono ancora petizioni per fermare quella strage perpetuata tra le mura domestiche. E se la sensibilizzazione è fondamentale per fermare il sangue che scorre, resta il fatto che sono ancora troppi e troppo impuniti quei ricatti psicologici e fisici che colpiscono una donna su tre tra i 16 e i 70 anni. E molti, moltissimi sono i casi di donne che non denunciano e sopportano. Fino all’annullamento e all’isolamento. A volte, fino alla morte.
La violenza sulle donne è terribile e sottile: trasforma case in prigioni, striscia attraverso stanze che dovrebbero proteggere, annulla le identità. Spesso (nel 62% dei casi) le violenze si realizzano davanti a minori. E, troppo spesso, da psicologiche si trasformano in fisiche e da fisiche in mortali. Persino l’Onu, lo scorso giugno, ha richiamato il governo italiano. Rashida Manjoo, Special Rapporteur delle Nazioni Unite per il contrasto della violenza sulle donne, ha sottolineato come, nonostante gli sforzi da parte del governo italiano attraverso l’adozione di leggi e politiche, non ci sia stata una diminuzione dei femminicidi né un miglioramento delle condizioni di vita di donne e bambine. Del resto, l’Italia ha abolito il delitto d’onore dal proprio codice penale soltanto nel 1981. Fino a trent’anni fa, chi uccideva la propria moglie perché adultera veniva punito con pene attenuate rispetto allo stesso delitto con diverso movente. È forse per questo che, ancora oggi, il nostro paese fatica a dare dignità alle proprie donne. Troppo ingessata e troppo tradizionalista, l’Italia è un paese in cui l’indice troppo alto di violenza domestica si può collegare alla più bassa occupazione femminile europea e ad una troppo misera presenza femminile in parlamento. La donna in Italia è ancora troppo poco valorizzata. Troppo spesso esibisce un corpo, è carne da esposizione, è bambola e oggetto. Per mettere fine alla violenza sulle donne, bisogna cominciare da qui: dal comprendere che la donna è una risorsa, uno sguardo sensibile e intelligente, l’altra parte, necessaria, del cielo.
Finché la donna sarà messa ai margini della vita sociale e politica del nostro paese, resterà per alcuni un oggetto obbediente da possedere, da controllare. Il cambiamento parte da qui e parte non solo dagli uomini, ma anche dalle stesse donne. È necessario un percorso di consapevolezza, un cambiamento culturale che cominci fin da bambine, che dia un senso profondo e diverso alla femminilità italiana. È ancora troppo grande il divario tra la donna che resta in casa e quella che, svestita, esibisce un corpo in televisione. E sono ancora troppe le donne costrette a scegliere tra lavoro e famiglia per colpa di uno Stato che non riconosce la ricchezza della maternità.
Certo, non mancano esempi positivi. “Se non ora quando” è stato uno straordinario esempio di movimento d’orgoglio e riscatto femminile. La strada è quella giusta, ma è ancora lunga.
Silvia Ferrari
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