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Gen 29, 2020 Lifestyle, Società
Da pochi giorni l’editore Emons ha messo in distribuzione “All’ombra di Julius” di Elizabeth Jane Howard in versione audiolibro grazie alla voce di Viola Graziosi.
Siamo abituati a vederla in teatro, eppure Viola negli ultimi tre anni e mezzo ha prestato la voce ad Isabel Allende, Sandrone Dazieri, Marco Balzano e molti altri; in tutto più di 30 audiolibri editi da Emons, Mondadori, Feltrinelli, Laterza e Audible Studios. Risultato? Eccezionale! Ad attestarlo è Audible, che “per la sua eccezionale performance e costante dedizione” le ha conferito il Certificato di Eccellenza miglior voce di audiolibri 2019.
Cosa hanno in comune il dare vita a un personaggio in teatro e il dare voce a un libro?
Per me il lavoro è lo stesso, perché, interiormente, quello che metto in atto è la macchina sensibile dell’attore. Antonin Artaud diceva che l’attore è un atleta del cuore, un atleta affettivo, perciò la sensibilità è uguale, ma cambia il tipo di comunicazione che si mette in atto. Dare lettura a un libro non è come fare un monologo a teatro; è piuttosto come far suonare un’orchestra che ha il compito di far vivere tutto del libro, dalla voce narrante, ai personaggi, alle descrizioni in una sorta di immersione. Tutto questo avviene attraverso la voce e la voce è collegata con l’anima. Ci sono alcuni registi – come ad esempio Renzo Martinelli – che chiudono gli occhi e ascoltano l’attore, non lo guardano, perché nell’ascolto si entra in una relazione più pura, meno distratta. Sicuramente l’immagine può affascinare, ma l’udito è un senso più focalizzato, un canale più diretto. Quando registro un audiolibro, non leggo soltanto, ma devo entrare nelle trame dell’autore e dare volume a parole scritte.
Avere tra le mani un libro è un’esperienza molto singolare. Il lettore ci mette la fantasia, attiva gli occhi del cuore, si sofferma su alcune parti e tira dritto su altre, quindi il tempo di lettura è fortemente soggettivo. Nell’audiolibro l’ascoltatore deve rinunciare ai “suoi tempi” e adeguarsi ai tuoi: una bella responsabilità. A giudicare dal successo che stai avendo, significa che evidentemente hai trovato la chiave giusta per riuscire in un’impresa così ardua. Qual è?
La relazione. La prima cosa che cerco nel mio lavoro è entrare in relazione con chi ascolta, perché devo diventare canale. Anche a teatro cerco di farmi canale delle parole dell’autore attraverso un’interpretazione per portarle al pubblico in scena, ma quello che avviene con l’audiolibro è una relazione intima, esclusiva, privilegiata e diretta. Chi ascolta, si affida a me, alla mia voce, alla mia fantasia, alla mia sensibilità, perciò mi sento in dovere di guadagnare la sua fiducia. Mi vengono in mente i ricordi di infanzia, quando mia madre mi leggeva le storie e io mi abbandonavo fra le sue braccia e mi lasciavo condurre da lei.
Avverto un forte senso di responsabilità che mi ha portato a interrogarmi su come fare per non sostituirmi completamente al lettore. In questi anni, da quando l’editore Emons mi ha proposto il primo audiolibro – e gliene sono riconoscente -, sono maturata molto. Ho capito che la scoperta vera e propria del libro deve avvenire in fase di registrazione. Quando mi arriva il libro, io lo scorro soltanto, ne faccio una lettura trasversale per acquisire i dati fondamentali: lo svolgimento della storia, la densità del libro, il tipo di scrittura, i personaggi, gli snodi narrativi. Ma non vado oltre come farei se dovessi farne un monologo a teatro. In quel caso proverei ogni parola, più e più volte, curerei i dettagli, troverei la forma migliore per comunicare prima di andare in scena. Nell’audiolibro, invece, la forma migliore per comunicare è quella dell’autore, che io stessa scopro durante la registrazione. Si tratta di una scoperta che mi coinvolge anche fisicamente. Sento il bisogno di avvicinare il libro agli occhi, quasi a voler entrare nelle trame della scrittura. Devo poi mantenere sempre alta la concentrazione focalizzandomi su tre punti. Innanzitutto, l’attenzione verso l’autore e la scrittura che ha messo in atto; poi devo fare attenzione a me stessa, alla mia macchina sensibile che riceve questa scrittura. Infine, mi focalizzo sul lettore, che immagino essere lì davanti a me e che ha bisogno della mia lettura – mai neutra – per attivare il suo canale immaginativo.
Nel libro “All’ombra di Julius” ci sono tante storie, tanti intrecci e tanti personaggi, molto diversi tra loro. Come fai a tenere a bada la Viola attrice?
Io entro nei personaggi, e perciò una lettura distaccata non sarebbe possibile. Io so che la mia voce accompagna l’immaginario dell’ascoltatore e in parte si sostituisce al suo, ma non lo sovrasta. La voce non crea tutto, ma sicuramente contribuisce, ad esempio, a percepire le fattezze di un personaggio. Con un audiolibro il testo non passa dagli occhi, ma dalle orecchie, eppure non impedisce il “viaggio” in chi ascolta. Magari non è un perfetto sostituto del libro tradizionale, ma ha i suoi vantaggi, primo fra tutti quello di sfruttare meglio il tempo, che al giorno d’oggi sembra non bastare mai. Si può “leggere” mentre si guida o mentre si corre. È un po’ come per chi ama cucinare, ma va anche volentieri al ristorante: si fa esperienza del gusto in entrambi i casi.
Hai appena finito di portare in scena l’Esorcista, cosa ci riservi per il futuro a teatro?
L’esperienza dell’Esorcista è stata straordinaria, perché ha avvicinato non solo i teatranti, ma anche gli appassionati di horror. Molti giovani sono venuti a teatro, perciò è stata un’esperienza particolarmente ricca dal punto di vista comunicativo, che poi è quello che mi interessa di più.
Ora dovrei riprendere a portare in giro degli spettacoli nati da me e da Germano Piazza, che è attore, regista nonché mio marito e compagno di avventure teatrali. Con lui da qualche anno portiamo avanti una trilogia del femminile che è composta da “Aiace” di Ritsos in versione femminile, “ll racconto dell’ancella”, tratto dal romanzo di Margaret Atwood, “OFFelia suite”, tratto dal testo di Luca Cedrola, che è un’opera per pianoforte, voce recitante e suoni in olofonia. Si tratta di spettacoli che offrono tre sguardi sul femminile, sintetizzati a teatro in un’esperienza qui e ora condivisa, a forte valenza sociale, che aiutano a uscire fuori dagli schemi e dai condizionamenti e che soprattutto ci interrogano.
Angelina Marcelli
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