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Giu 14, 2014 Attualità, Italia
Roma, dal corrispondente
“Chi devo chiamare se cerco l’Europa?” (H.Kissinger)
“Alto rappresentante per gli affari esteri e la politica di sicurezza dell’Unione Europea.”. Con un incarico del genere ci si sarebbe aspettato che la Asthon fosse in grado di risolvere i problemi del mondo con la sola imposizione delle mani. E invece no.
Dalle primavere arabe alla guerra siriana passando per il colpo di stato egiziano e l’invasione del Mali arrivando poi alla più recente crisi ucraina, non si registrano tracce significative di politica estera europea.
LA UE non è mai riuscita ad imporre, o quantomeno a produrre, una posizione chiara rispetto ad un evento di portata internazionale. E dire che tutti gli sconvolgimenti di cui sopra sono molto più “europei” che non americani o russi. Ad essere sinceri tale organismo non ha mai raccolto gli entusiasmi dei paesi membri, poco inclini a cedere all’Europa questo pezzo pregiato di sovranità politica e troppo abituati a trattare direttamente gli affari esteri. Il tutto si è risolto quindi in un numero spropositato di ambasciate e di addetti ai lavori che, nella pratica effettiva, non hanno pressoché ruolo attivo nelle trattative internazionali.
Ma i tempi cambiano ed in fretta. La Russia e la Cina si muovono decise in diverse zone del mondo. Gli accordi sulle forniture energetiche da poco firmati, pur non essendo una rivoluzioni con chissà quali conseguenze, sono un segno di come gli assetti globali stiano cambiando.
D’altra parte anche gli USA stanno modificando la rotta. Obama a West Point ha inviato chiari segnali agli alleati del vecchio continente, ripetuti poi in maniera più diretta durante il suo viaggio in Europa per i 70 anni dallo sbarco in Normandia:”Abbiamo visto un declino costante [delle risorse per la difesa], questo deve cambiare”. Tradotto: amici preparatevi perché ci vedrete sempre meno in giro con la pistola in mano. A meno che non siano minacciati direttamente interessi americani, si intende.
Rispolverata la dottrina Monroe e l’isolazionismo? Non proprio, ma complice un’economia in ripresa e un’opinione pubblica stanca di mandare gente in giro per il mondo ad esportare democrazia, si può parlare di sano realismo. E Obama non si lascia scappare l’occasione per provare ad imporre la sua visione di politica estera: soft power, supporto finanziario-strategico e sanzioni economiche. Un disimpegno leggero.
L’Europa, se non vuole trovarsi a fare la parte dello spettatore, deve abbandonare i rigurgiti nazionalistici e decidere di fare un balzo in avanti. Avere una banca, un presidente, un parlamento non serve a niente se ci si presenta al mondo con 28 politiche estere diverse e a volte contrastanti fra loro.
Siamo poco credibili e lo dimostra la crisi ucraina. Il povero Putin avrà dovuto leggere ogni volta 28 comunicati diversi per capire quale posizione avesse l’UE, e almeno in questo il presidente russo avrà apprezzato il sistema federale americano: uno parla per tutti. Concordare inoltre un programma comune di progettazione e sviluppo militare, avrebbe il vantaggio di diminuire le spese a carico dei singoli stati per moltiplicarne i vantaggi dovuti all’unione di tante “teste”.
L’alternativa è quella che viviamo oggi: un atteggiamento schizofrenico che gli stati europei dimostrano davanti alle sfide globali. Con buona pace dell’Unione e di Kissinger.
Luca Arleo
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