Ultimo Aggiornamento giovedì 7 Novembre 2024, 10:48
Ago 07, 2011 Cosa bolle in Pentola
Il Formaggio di fossa, una delle più ghiotte rarità gastronomiche dell’Emilia Romagna e delle Marche, ha origine nel basso medioevo e, la sua tecnica di conservazione, all’epoca Malatestiana.
Il principe dei formaggi, nasce nella sua struttura a Sogliano al Rubicone e a Talamello nel Pesarese, dove viene chiamato “Ambra”, grazie a Tonino Guerra, che, notando il colore finito del prodotto, poeticamente, l’ha chiamato “Ambra di Talamello”.
Storicamente, la popolazione scavava delle fosse di arenaria sotto i pavimenti delle abitazioni per conservarlo a lungo, in luogo sicuro e per preservarlo dalle razzie.
Le cisterne di conserva a forma di fiasco tronco, grazie a un processo di lavorazione particolare, sviluppano un microclima che rende l’alimento unico e prezioso.
I formaggi rimangono così infossati come vuole la tradizione, da agosto, al venticinque novembre e, usciti dalla fossa, cambiano così le loro caratteristiche organolettiche, acquisendo un sapore particolarmente intenso, che va dal dolce al piccante, all’amarognolo e un profumo tra il muschio e il tartufato, a seconda della fossa in cui è stato stagionato.
La maggior parte delle forme del Formaggio di Fossa sono prodotte da caseifici industriali e solo una piccolissima parte curata da appassionati.
È il caso di Loris Fantini, giornalista enogastronomo e ricercatore di tutte le eccellenze del territorio.
Poniamo alcune domande a Fantini:
-Dove nasce l’amore e la voglia di portare avanti una così articolata tradizione?
“Mai titolo fu più appropriato, perché proprio l’amore che si ha per le antiche qualità ineguagliabili porta e mi ha portato a percorrere un viaggio a ritroso all’interno degli odori e degli umori radicati.
Pur cercando in ogni angolo della nostra terra, non ero riuscito a ritrovare l’emozione che avevo in mente. Ho cercato e ho trovato fosse autentiche! Le più antiche in assoluto del territorio Riminese. L’ultimo ritrovamento, in ordine di tempo, è avvenuto cinque anni or sono all’interno delle Mura della Rocca di Montebello di Torriana, dove nacque “La pepita di Montebello”.
Nella II° fase mi sono impegnato a ritrovare un prodotto che richiamasse l’autenticità storica sia negli allevamenti ovini che nella produzione dei formaggi”.
-E ora, come gestisci questo amore di formaggio?
“Percorrendo i crinali di confine con Montefeltro, ho scoperto antiche cisterne di conserva in arenaria pura per le granaglie risalenti ai Malatesta. È stato sufficiente ripulire dalle macchie che vi erano state discaricate, disinfettare le fosse, pavimentarle con tavole di legni antichi e non resinosi, e provvedere al loro risveglio attraverso alcune sperimentazioni.
Le fosse hanno espresso tutta la loro potenzialità e ne è scaturito ciò che io definisco “ il VERO formaggio di Fossa”.
-In che modo il pecorino originario viene infossato?
“A seconda delle pezzature, il pecorino deve avere un processo di stagionatura adeguato.
A questo punto bisogna vestire la fossa con un graticcio di canne unite insieme da corde di canapa posizionate lungo le pareti; tra la roccia e le canne un cuscino di paglia.
I pecorini stagionati vengono chiusi in sacchi di cotonina, e sistemati a raggiera dal fondo a salire.
La fossa quindi, viene sigillata e solo dopo tre mesi si tolgono i sigilli e si scopre l’incanto del processo osmotico”.
–Esisteva il vero Formaggio di Fossa nella provincia di Rimini prima che tu lo scoprissi?
“Ben prima che gli otto comuni del Montefeltro decidessero di far parte del territorio riminese, ho scoperto e attivato le più antiche fosse in assoluto ed ho creato il Vero Formaggio di Fossa nella provincia di Rimini”.
-Come sei riuscito a sposare, proprio per eventi importanti come un matrimonio, un sapore forte come il Fossa con il pesce e il dolce?
“Maestri della Cucina, come per esempio Gualtiero Marchesi, sostituirono in piatti poveri e delicati, il tartufo bianco con il formaggio di Fossa Vero.
Ecco perché, sposato a piatti con pesci, carni o servito come dessert, è sufficiente seguire la traccia lasciata dal grande gourmet. Intuizione e professionalità fanno il resto”.
Una ricetta per i nostri lettori:
OCCHIO AGLI UOMINI NUDI
Prendere un uovo, separare l’albume dal tuorlo; strapazzare l’albume con una forchetta mentre si aggiungono gli uomini nudi ( pesciolini dell’Adriatico), e peperoncino q.b.; mettere un coccio appena imburrato sul fuoco e, quando sarà ben caldo, versare l’albume arricchito, far cuocere per pochi minuti avendo l’accortezza di lasciare al centro uno spazio; togliere il coccio dal fuoco, mettere il tuorlo al centro. Sfettucciare il fossa con generosità, coprire per due minuti, poi servire. Meglio se accompagnato da una fragrante fetta di pane casereccio appena tostato.
Carla Aghito
happy wheelsLug 13, 2024 0
Giu 02, 2024 0
Lug 24, 2023 0
Lug 13, 2023 0
Feb 09, 2016 0
Ott 06, 2015 0
Set 25, 2015 0
Set 17, 2015 0