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Gen 27, 2014 Terza Pagina
Ultimo tango a Parigi è un film che ha caratterizzato un’epoca. E’ uscito in tutto il mondo all’inizio degli anni Settanta e ha suscitato reazioni sempre molto forti. Nell’Italia bacchettona è stato censurato, processato, addirittura mandato al rogo. In Francia è stato on stage, a Parigi, per più di dieci anni, nel Regno Unito è piaciuto ma non ha entusiasmato, negli USA ha fatto discutere tanto. Un film italiano, con un regista che ancora oggi rimane uno dei più noti al mondo, Bernardo Bertolucci e un protagonista che è stato un’icona di stile e bravura, Marlon Brando. Negli anni Ottanta il film è stato riabilitato in Italia e ha iniziato a girare senza intoppi e ogni tanto circola sui canali televisivi.
Rimane un film importante, perché racconta come l’amore possa essere intenso ed effimero, come ogni storia faccia caso a sé, ma pur tuttavia ogni storia abbia e, giustamente, una fine, anche se certi casi in apparenza continuano e, troppo spesso, anche se con le sempre più piccole eccezioni, per paura, abitudine, vincoli economici, convenienza, e a volte codardia. Ultimo tango ci racconta una storia al limite, in apparenza, ma più quotidiana di quanto appaia. Un cinquantenne e una ventenne si incontrano, si danno l’un l’altra e brucia una passione che li porta a non voler sapere nulla di chi sono, da dove vengono, dove vanno. Poi arriva l’amore e, gli equilibri di una storia nata dalla passione e dove non c’è stima e complicità, si spezzano. Ma non è cinema, è realtà. In questo caso è la passione a prevalere, quando è l’amore invece (più duraturo e “tranquillo”) ad avere la meglio, sembra che tutto debba durare in eterno, ma non è quasi mai così. L’essere umano, tranne in casi da studio scientifico o poco ci manca, non può stare con una persona per tanto tempo, perché geneticamente non è adatto, non è la sua missione. La vita di coppia è “naturalmente” episodica, proprio per vivere e rinnovarsi, per continuare a tenere il cervello e il corpo in tensione positiva.
Ultimo tango a Parigi, con i suoi pregi e i suoi difetti (non pochi), a distanza di quarant’anni e, in anticipo sui tempi, spiega tutto questo, come un film verità, come un documentario sui sessi.
Mauro Pecchenino
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