Flipmagazine E Starbucks ci porterà il caffé

E Starbucks ci porterà il caffé

Ago 29, 2016 Attualità, Italia

Roma, dal corrispondente

A breve sbarcherà in Italia Starbucks e nulla sarà più come prima. Arriverà e oserà mettere piede nel posto che più di tutti ha influenzato il suo fondatore Howard Schultz: “È dal 1983, anno del mio primo viaggio in Italia, che studio la magnifica rappresentazione teatrale che va in scena ogni volta che in un bar viene servito un caffè”.

Comincerà da Milano questa invasione a colpi di Frappuccini, e c’è da credere sarà un successo.

A voler essere inutilmente romantici, si potrebbe sostenere la tesi del “da noi non prenderà mai piede”, ma analizzando oggettivamente i fatti, sarebbero pochi quelli pronti a scommettere che andrà proprio così.

La teoria che vorrebbe una levata di scudi da parte dei consumatori, difatti, parte da un presupposto a nostro parere sbagliato, e cioè che ad una gestione industriale di un rito quale quello del caffè in Italia, la gente preferisca il caro e vecchio espresso da prendere al banco conversando amabilmente con il barista di quartiere.

Se anche questo fosse vero, ed in parte sarà probabilmente così, non possono essere tralasciate le indubbie qualità di attrarre il pubblico che il marchio americano ha dimostrato all around the world e con cui, senza neanche faticare troppo, ha fidelizzato i propri clienti che di fatto lo cercano in ogni città che visitano.

Quel clima familiare, quell’arredamento accogliente e quel trovarsi dappertutto con le solite offerte che garantiscono uno standard, hanno fatto in modo di imporre una concezione prima che un prodotto. Il free Wi-Fi, oggi presente anche dai fruttivendoli egiziani, ha fatto il resto, inducendo milioni di persone nei 5 continenti a passare lì interi pomeriggi a sorseggiare bibitoni convinti di non pagare per quello spazio occupato e quel servizio “scroccato”. Ma la tecnica di vendita è una scienza e come dice bene Chris Anderson “Una delle strategie di marketing più potenti del Novecento è regalare una cosa per far sorgere la domanda di un’altra”. Nessuno esce da lì senza avere speso più di quanto consumato in termini generali.

Questo articolo, è giusto chiarirlo, non vuole essere una difesa dell’italica tradizione. Del resto forse proprio noi, più di ogni altro popolo al mondo, abbiamo travalicato i confini nazionali per esportare una concezione di vita legata al cibo che si è diffusa nei quattro angoli del globo. Nonostante i limiti che consideriamo importanti di un prodotto comunque industriale, la nostra è piuttosto una riflessione affascinata circa la potenza di fuoco messa in campo dai responsabili della comunicazione di questo brand.

Un’offerta come quella in questione, non certo superiore per qualità ad un bar italiano o ad una brasserie francese, è stata in grado di imporsi con 23.043 punti vendita nel mondo nel 2015, con un incremento rispetto al 2014 di 1677 negozi. Questo significa che circa 4,5 negozi al giorno hanno aperto sventolando bandiera Starbucks, nelle 52 settimane prese in considerazione. Chapeau e buon frappuccino a tutti.

Luca Arleo

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