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Ago 31, 2011 Cosa bolle in Pentola
Forse le dimensioni del volume, 1200 pagine, a prima vista non incoraggiano la scelta di questo romanzo, ma la trama è così bella che a posteriori non ci si pente dell’acquisto. Eh già perché Shantaram, il romanzo scritto da Gregory David Roberts alcuni anni fa, ha il grande pregio di essere talmente denso di avvenimenti, di colpi di scena, e così ben scritto da non annoiare mai. La storia raccontata è autobiografica, l’autore è un ex eroinomane accusato di rapina a mano armata che ha scontato la pena in un carcere australiano prima di evadere e trascorrere alcuni anni da latitante in India. Il titolo “Shantaram” (uomo della pace di Dio) è vagamente ossimorico se si pensa alla figura del protagonista, un uomo che ha basato la propria vita sul crimine e che continua a perpetrarlo anche una volta giunto a Bombay, dove viene coinvolto dalla mafia locale in un giro di spaccio, di commercio di soldi falsi e di passaporti contraffatti. Lin, così è come si fa chiamare il personaggio principale, è dunque una figura complessa: è un fuggitivo che, una volta derubato dei suoi ultimi denari, si procaccia da vivere procurando droga ai turisti ma, al contempo, è un uomo generoso sempre disposto ad aiutare gli altri, tanto che si improvvisa medico ed apre un ambulatorio con mezzi di fortuna per curare i malati nello slum (la baraccopoli) in cui si trova a vivere per un periodo. In realtà quasi nessuno dei personaggi della storia è totalmente negativo. Persino la realtà dei gruppi criminali che controllano i traffici illeciti di Bombay è caratterizzata da un certo rigore e da un senso dell’onore: uomini guidati dal principio “fare la cosa sbagliata per la ragione giusta” che sembrano perseguire un fine positivo anche quando agiscono al di fuori della legalità. Il viaggio del protagonista in India, che toccherà poi anche l’Afghanistan e il Pakistan, è soprattutto il viaggio interiore di un uomo segnato dalla vita ed impegnato a sconfiggere i propri demoni per poter finalmente perdonare sé stesso e trovare la serenità.
Il libro scatta una splendida fotografia della società indiana e del suo spirito: odori, colori, sapori, tradizioni. Roberts descrive magistralmente la Bombay ricca vissuta dagli occidentali, quella sfarzosa dei film di Bollywood, così come l’altra faccia della città, quella della gente povera che si arrabatta come può per sopravvivere, afflitta da disoccupazione, epidemie, mancanza di un tetto sotto cui ripararsi. La realtà rappresentata è spesso molto dura e difficile da concepire; nonostante le difficoltà però stupisce il grande ottimismo e la solidarietà della gente che appartiene a quella porzione di umanità che si sforza ogni giorno di sopravvivere nella miseria estrema. “L’India ha un grande cuore, è questo che consente a così tante persone di poter vivere insieme” cita il testo; e forse è proprio così, lo spirito di positiva fratellanza che si ritrova nelle pagine del libro, ma non solo, è invidiabile agli occhi di noi occidentali, soprattutto in questi ultimi tempi.
Barbara Pellegrini
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