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Giu 14, 2018 Lifestyle, Società
La campana (shinrei)…il risveglio della mente. L’ascolto del respiro nella consapevolezza. Il cuscino (zafu) e la seduta semplice, vivendo il nobile silenzio nel “qui e ora”, prestando attenzione, senza giudizio né ostilità. L’incontro con la propria mente(dokusan), le domande e i pensieri inutili. La pulizia,nel lavoro meditativo (samu) e la testa liberata (shodo) da sterili idee e al contempo libera di accogliere una nuova visione di vita. Il “Sutra del cuore” e il Cerchio (Enso), simbolo di illuminazione, realizzazione e completezza.
Un’antica leggenda racconta che quando il Buddha nacque, fece sette passi.
Recuperando così questo numero simbolico, si compone l’evento “Sette Passi Zen”, organizzato dal Monastero Il Cerchio di Milano e da ZenOnline, che è andato in scena al Teatro dell’Arte della Triennale di Milano. Un’esperienza zen immersiva ed emozionale che, attraverso sette scene, espressione di essenzialità e silenzio interiore, conducono lo spettatore in un viaggio in condivisione, con l’invito di liberarsi dagli schemi e di volgere lo sguardo dentro se stessi e non intorno, ascoltando con il cuore e agendo con la mente.
“Questo non è uno spettacolo, ma uno spaccato della vita zen nei templi buddisti. La replica?!? In tutti i monasteri zen ogni giorno.”.
E’ così che a fine della performance, il Maestro Carlo Tetsugen Serra, ideatore dello spettacolo – insieme a Sabrina Koren Montemurro– e fondatore del Monastero Il Cerchio, saluta gli astanti. Con la regia del bravissimo Stefano Bernini, l’esperienza zen, con musiche originali, alterna potenti monologhi, intensi rituali e originali scenografie (NABA) a momenti di coinvolgimento cruciale per lo spettatore, attraverso diversi linguaggi creativi, come il ballo e la pittura. Gyoetsu Epifania, infatti, compone una coreografia di Butō giapponese, una danza di morte e sofferenza che si trasforma in carezza, quiete e leggerezza sul finale fino all’opera di Silvio Ferragina, con la realizzazione live di una calligrafia su una pergamena lunga metri.
La meditazione zen che, come molte pratiche orientali, sta vivendo un exploit notevole in Occidente, allo stesso tempo conta tante persone che la ritengono noiosa. Durante la nostra intervista, il Maestro ci spiega:
“Vi sono ancora tanti luoghi comuni sulla meditazione. In primis si tende a credere che sia una pratica utile per la risoluzione dei problemi e poi che sia statica. Si può fare meditazione non solo da seduti, ma anche camminando o svolgendo le attività della propria quotidianità, ma sempre nella presenza e nella consapevolezza, riscoprendo la bellezza della natura, imparando ad ascoltare il mondo e se stessi e ritornando alla semplicità dei gesti. Liberandoci di quelle foglie secche, che rappresentano i nostri inutili pensieri, creiamo spazio nella nostra mente…spazio per la creatività e questo, direi, che è l’esatto opposto della noia!”.
Il Maestro, con un’esperienza ormai pluridecennale nel campo e autore di molti libri, durante la nostra chiacchierata traccia uno scenario dello Zenin Italia.
“Per fortuna oggi c’è molta più apertura rispetto a qualche tempo fa…non c’è più una visione esotica dello Zen. Questo incuriosisce e sono in molti ad iniziare. Ma è altrettanto vero, che molte più persone lasciano, a causa della superficialità e della frenesia della società odierna.”.
Spesso, infatti, nei Paesi occidentali si assiste ad una snaturalizzazione di queste pratiche che vengono portate avanti erroneamente, come puro svago della mente, anziché viverle nella loro profondità ed essenza.
Chi scrive – yogi da qualche tempo – ha condiviso una pratica di meditazione nel monastero milanese de Il Cerchio e vi dona una citazione dell’ultimo libro del Maestro “Zen 3.0” edito da Cairo Editore, un invito alla ricerca della verità, superando il giudizio, le ostilità e la paura di ascoltarsi.
“Facciamo nascere la fiducia dentro di noi, non nel fare ma nell’essere.”
Eleonora Dafne Arnese
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