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Mar 04, 2011 Attualità, Italia
L’ occasione del 150° Anniversario dell’unità d’Italia, ci invita a riflettere sul ripristino del valore della parola “Resistenza”.
A distanza di vent’anni da quando il gruppo Mani Pulite, per una stagione forse troppo breve, tentò di contrastare il dilagare della corruzione politica e da quasi settanta dalla resistenza partigiana, il complesso dei fondamenti delle conquiste sociali di allora, oggi sembrano rimessi seriamente e pericolosamente in discussione.
E la minaccia, come spesso accade, è dentro di noi.
Una sorta di fragilità, di “mollezza” sembra averci pervaso il quotidiano: una rassegnata accettazione dell’ineluttabile fragilità dell’esistenza sembra spingerci inesorabilmente verso una ritirata silenziosa tra le mura domestiche dove la massima espressione dell’indignazione è un sms di risposta a qualche sondaggio promossa qua e là in qualche trasmissione televisiva.
Anche la piazza sembra perdere di valore diventando, in piena tendenza coi nostri tempi, uno spazio dove il rigurgito sociale ha la durata di uno spot televisivo e dopo, nulla più.
Non ci sorprenderemmo se qualche genio dell’imprenditoria lanciasse l’idea di sponsorizzare qualche manifestazione, penso al Family Day logato COOP o alla recente manifestazione delle donne promosso da Lines seta con ali, perché senza non si vola…
In un’epoca dove la “chiamata alle armi” è spesso virtuale e vissuta solo attraverso i social network, anche la tenuta della mobilitazione rischia di diventare tale.
È vero, oggi le ragioni per una sana indignazione possono sembrare meno nette e più complesse di un tempo: distinguere chi comanda e decide non è sempre così evidente, occorre, però ritrovare quella curiosità che ci spinge a cercare, nella cantina della nostra memoria storica, le ragioni che tanti anni fa hanno portato, uomini e donne, a lottare rischiando la vita per ideali che oggi sembrano essere a rischio e soprattutto occorre ritrovare quello slancio e quell’ orgoglio che sono la ragione del nostro vivere.
Basta semplicemente guardarsi attorno per trovare argomenti che ci possono indurre ad una pacifica azione civile risoluta: basti pensare all’arroganza della politica, alla corruzione endemica del nostro paese, all’indifferenza dilagante, al divario sempre più evidente tra ricchi e poveri alla mancanza di prospettive per i giovani, sempre più bersagliati da messaggi consumistici e di competizione ad oltranza, per citarne alcuni… perché l’arte della resistenza è creare, reagire, lottare, perdurare nel tempo, rimanere attivi, sostenere un’idea, tollerare, ma prima di tutto, è un atto d’amore verso noi stessi.
Quindi, a tutti noi e alle future generazioni l’invito è di: resistere, resistere, resistere!
Barbara Fontanesi
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