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Feb 17, 2020 Attualità, World Wide
– Questo Articolo non rispecchia sempre il pensiero della direzione del nostro Giornale ma, come è nostra abitudine, lo pubblichiamo volentieri, rispettando l’opinione del nostro collaboratore che firma il pezzo –
Nel ventennale della morte, abbiamo assistito a numerose trasmissioni televisive, radiofoniche, letto articoli sui giornali e visto un bel film interpretato da Pierfrancesco Favino, in ricordo di Bettino Craxi.
Tutti questi eventi sono diventati, in gran parte, un’effettiva riabilitazione del leader politico. Anche esponenti che, una volta, si erano schierati ferocemente contro lo statista, hanno dovuto ammettere che Craxi è stato un leader socialista riformista e un politico preveggente, di ampia visione, che aveva ammonito rispetto ai mali che avrebbero pervaso l’Italia e che, sostanzialmente, avrebbero visto un arresto della crescita economica (che continua tuttora), un ingresso dannoso dell’Italia nell’Eurozona, un’immigrazione di massa e una distruzione di una classe politica e della stessa politica.
Tuttavia, molte cose devono ancora venir fuori sul “caso Craxi”, molte persone non raccontano la verità fino in fondo. Cerchiamo di analizzare alcune questioni aperte, insieme ad altre considerazioni basate anche su conoscenze dirette e personali.
Infatti, dalla fine del 1990 fino alla primavera del 1993, ho avuto sessantadue interessanti incontri con Craxi, nel suo ufficio di Piazza Duomo, a Milano. Mi aveva apprezzato perché ero molto sincero, spesso critico verso l’organizzazione del Partito. Contrariamente a quanto qualcuno dice, non amava i comportamenti sussiegosi. Era franco, aperto e pretendeva dall’interlocutore altrettanta franchezza. Di fronte alle mie critiche, lui, pazientemente, con fare paterno, iniziava a darmi ragione, ma, poi, mi spiegava i motivi e mi illustrava, in modo realistico, la storia del Partito Socialista ed il contesto politico in cui si era trovato ad operare. Del resto, teneva uno sguardo attento e penetrante verso l’interlocutore, entrava subito in empatia e capiva se una persona era sincera o meno. Per quanto riguarda le questioni personali, invece, era molto timido.
Craxi ha riconosciuto apertamente il sistema imperante da anni sul finanziamento dei partiti (si vedano i discorsi in Parlamento e durante il processo Cusani), aveva dichiarato apertamente la verità. I finanziamenti da lui ricevuti, o di cui era a conoscenza, sono stati usati per fare politica. Oggi lo riconoscono anche coloro che, trent’anni fa, affermavano il contrario.
Man mano che passa il tempo, la storia presenta la realtà dei fatti in maniera ben diversa da come la rappresentarono la gran parte dei mass media ai tempi delle cosiddette “mani pulite”. Vi sono personaggi e magistrati che hanno accumulato grandi patrimoni, sono proprietari di numerosi appartamenti, godono di consulenze, incarichi milionari, ecc. A rileggere i fatti del periodo di “mani pulite” si rimane avviliti. Abbiamo assistito a confessioni forzate, a frasi intimidatorie del tipo: “Ti fondiamo la chiave della cella se non dici questo e quest’altro”. Gran parte della Magistratura agiva illegalmente, come quella che ha fatto irruzione a Montecitorio, contro ogni legge di tutela del Parlamento, o come i magistrati che lasciavano in cella e non liberavano gli accusati perché, la gente “si incazza” (letteralmente dichiarato da chi sarebbe diventato poi Presidente dell’Associazione Magistrati). Abbiamo udito il capo della procura di Milano che non ha voluto Di Pietro Ministro dell’Interno, ma pretendeva che il Presidente della Repubblica affidasse l’incarico a lui, per formare un “governo di magistrati”! Non si è evidenziato sufficientemente che la Corte Europea ha condannato i metodi usati dai magistrati durante “mani pulite”.
Craxi ha dimostrato, attraverso vicende come quella dell’Achille Lauro, di proporre un “socialismo tricolore”, di salvaguardare la sovranità italiana. Si era dichiarato contro il trattato di Maastrich ed era favorevole ad un’altra Europa, dove l’Italia avrebbe avuto un ruolo determinante. Aveva combattuto per la libertà dei popoli, contro i regimi comunisti. Aveva appoggiato e finanziato, in ogni parte del mondo, i combattenti per la libertà, i dissidenti russi, cecoslovacchi, gli esuli cileni, gli oppositori al regime franchista spagnolo, i combattenti contro il regime portoghese, greco e argentino.
Durante la Presidenza Craxi, l’Italia era entrata tra le prime potenze economiche mondiali, grazie alla lotta all’inflazione (scesa dal 18 al 4%) e ad una vigorosa ripresa economica. Il cosiddetto “debito pubblico”, tanto vituperato, era salito all’80% del PIL, in seguito al divorzio tra il Tesoro e la Banca d’Italia (1981: lettera del Ministro del Tesoro, Andreatta, al governatore della Banca d’Italia, Ciampi, che invitava a non ritirare i titoli di Stato rimasti invenduti, con conseguente innalzamento dei tassi d’interesse) e non per spese dissennate. Ed era, comunque un debito interno, in gran parte investito in infrastrutture pubbliche ed in servizi sociali. Negli ultimi anni, il rapporto debito pubblico/PIL è salito stabilmente oltre il 130%, dipende da gruppi finanziari stranieri e, di conseguenza, crea guai all’economia italiana, attraverso il famoso “spread”. Craxi, tra l’altro, aveva proposto di nazionalizzare la Banca d’Italia, in mano alle banche, poi addirittura privatizzate nel 1993.
Presidente del governo pentapartito per due anni, aveva proposto un accordo con Berlinguer per creare finalmente le riforme, in un governo di sinistra con il PCI. Berlinguer aveva rifiutato, così come ammettono, da qualche tempo, diversi ex dirigenti comunisti. Craxi non ha accettato miliardi dai russi per non installare gli euromissili in Italia, ai quali aveva proposto, in cambio della non installazione, di ritirare quelli russi puntati contro l’Italia e l’Europa Occidentale.
Craxi voleva che il Partito Socialista ed i suoi dirigenti fossero autonomi, anche finanziariamente. In un colloquio dove criticavo tanti dirigenti del Partito Socialista, ritenendoli non all’altezza del suo leader, mi spiegava che era sbagliato che i dirigenti del Partito fossero scelti da forze economiche e di potere estranee al partito, invece che dagli stessi iscritti.
Certamente il finanziamento irregolare e illegale ai partiti (presente, del resto, in tutto il mondo) si era allargato durante gli anni Ottanta del Novecento. Ma pochi spiegano la ragione. Nei partiti erano entrati, o vi stavano accanto, professionisti, imprenditori, ceti benestanti, che avevano fatto lievitare i contributi (o le cosiddette “tangenti” secondo diverse e, spesso, ipocrite versioni), anche per favorire le loro mediazioni. (Continua…)
Carlo Bolognesi
(Sociologo)
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