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Set 28, 2015 Attualità, Italia
Roma, dal corrispondente
Ci risiamo. Non passa settimana che i Sindacati non facciano qualcosa per innervosire il Presidente Renzi.
A luglio ci avevano pensato i lavoratori di Pompei e Alitalia (ovviamente istigati dalle sigle). Addirittura nello stesso giorno; una macchinazione in piena regola. E adesso ci si mettono pure quelli del Colosseo: assemblea di 3 ore con conseguente fila di turisti imbufaliti. Da buttarli dentro l’arena questi sindacalisti, con tanto di leoni affamati così da risarcire la folla in attesa.
A dire il vero non è che al Presidente del Consiglio serva una scusa per attaccare i Sindacati, lo ha fatto in diverse occasioni e sempre sfoggiando un populismo ad effetto. Il sistema è abbastanza semplice: si spara nel mucchio dicendo ovvietà tipo “Non lasceremo la cultura ostaggio di quei sindacalisti contro l’Italia” e poi il resto vien da sé.
Come dire, non che alle organizzazioni sindacali manchino i problemi o gli scheletri nell’armadio, per carità. Ma dai vertici di Governo ci si aspetterebbe qualcosa di più rispetto alle dichiarazioni facili ad uso e consumo della stampa. È vero che con il medesimo incedere Renzi è arrivato a Palazzo Chigi, senza aver vinto neanche un’elezione nazionale che sia una, ma non per questo il metodo può diventare routine.
Il rischio che si corre adottando questo atteggiamento, poi, è che divenga il format di riferimento cui uniformarsi. Con conseguente abbassamento della soglia di capacità critica in chi legge e inasprimento della dialettica tra i due fronti. In un periodo così complesso per ogni organo di rappresentanza, partiti in testa, perpetrare questo scontro quasi a dover ribadire la tesi che il sindacato sia contrario alla politica come la nuora alla suocera, risulta inutile oltre che dannoso. E la critica è rivolta ad entrambe le parti.
Nella vicenda relativa alla riunione del Colosseo, ad esempio, dichiarare in maniera demagogica che non si può lasciare migliaia di turisti in coda sotto il sole o che l’immagine della città è stata “sfregiata”, equivale a non dire niente o ancora peggio a raccontare soltanto una parte della storia. I lavoratori avevano tutto il diritto di manifestare un disagio legato, tra le altre cose, al mancato pagamento di una parte del loro stipendio.
I termini sono stati rispettati e l’assemblea era programmata. Per una questione del genere, in cui gli unici a non aver rispettato gli “accordi” sono coloro che hanno avallato il fatto si lavorasse senza corrispondere il dovuto, attaccare i sindacati corrisponde a pura propaganda. Che la politica, da Renzi a Franceschini passando per Marino, abbia voluto trasmettere l’idea di un sindacato strumentalmente posizionato per dire l’ennesimo NO sprezzante delle ripercussioni, significa confondere i fatti per concedere l’ennesimo spot elettorale.
Il sindacato, da parte sua, deve essere in grado di sapersi rinnovare, non ci sono dubbi. Trasformare l’ostruzionismo sterile in qualcosa di più strutturato e fruttuoso. Presentarsi come una sorta di think thank in cui coniugare alla difesa dei diritti dei lavoratori anche un forza propulsiva nel proporre idee. Non come un fortino da quale difendersi dagli attacchi di questo o quel governo, ma piuttosto impostando il gioco e prendendosi i rischi nel farlo.
Partiti e Sindacati sono due facce della medesima medaglia. Sono entrambi organi rappresentativi ed entrambi, in linea di principio, dovrebbe remare a favore della nave Italia; la retorica della contrapposizione è materiale per gli amanti del vintage. Oggi serve altro.
Luca Arleo
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