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Mag 01, 2010 Terza Pagina
Cerchiamo dunque di sommare gli elementi di questa situazione scoraggiante. Innanzitutto va considerato che negli ultimi decenni si è diffusa una strana e malsana concezione della conoscenza generalmente intesa, per cui chiunque può fare qualsiasi cosa senza preoccuparsi di saperla fare: la competenza tecnica sacrificata, in nome di un non precisato spirito di espressione catartica. Va da sé che tale ingenua – ed irresponsabile – impostazione, non potendo più di tanto applicarsi a materie operative e professionali, ha piuttosto trovato appoggio nel più “svincolato” mondo dell’arte. Ed ecco ciò che questo ha comportato per la musica, soprattutto entro i nostri confini: complici l’importazione a valanga della cultura musicale americana (molto più improntata alla semplificazione rispetto a quella europea), nonché le forti facilitazioni di realizzazione consentite dalle tecnologie discografiche, è accaduto che la musica sempre più è stata degradata, de-mansionata, ridotta a reggere i fili di messaggi poetici o politici più o meno vari. Lo studio delle sue basi quasi del tutto tralasciato poiché tutto doveva essere accessibile a tutti – e quindi semplificato. Non da meno, la già citata importazione americana ha contribuito a questo anche (e forse soprattutto) con un ulteriore elemento: l’universalizzazione dell’elemento chitarra, strumento assurto negli ultimi cinquant’anni al ruolo di imprescindibile base per quasi tutte le performance musicali: Vi è da rilevare che non è tanto la relativa semplicità d’uso di questo strumento (che non può comunque prescindere da una certa preparazione), quanto il fatto che esso, per la sua conformazione strettamente vincolata alle possibilità muscolari e dimensionali delle mani, ha di molto ridotto le possibilità compositive, quanto alle combinazioni armoniche. Ci si faccia caso: quasi sempre, tra le moderne canzoni, quelle con una struttura più originale e varia vedono coinvolto l’uso di un pianoforte (che dei suddetti limiti non soffre, se non minimamente).
Per dare una base concreta a quanto abbiamo affermato finora proponiamo un esperimento pratico che chiunque può provare: ascoltate la canzone “A te” di Lorenzo Jovanotti, e all’attacco del pianoforte che accompagna il verso cominciate a cantare “Alba Chiara” di Vasco Rossi – rimarrete stupiti dal risultato. Ora chiedetevi se ve ne eravate già resi conto. La vostra risposta darà un senso a tutto questo articolo.
Ma perché tutto questo? Perché voler aumentare la fruibilità di un’opera deve necessariamente comportarne la semplificazione? Siamo sicuri che in realtà queste non siano maschere per una, diciamolo, pigrizia culturale ormai diffusa e proprio per questo anche accettata? Per prima cosa il binomio popolare/semplice non si giustifica, e anzi per quanto riguarda la cultura artistica è particolarmente irritante: si ascoltino le antiche ballate celtico-irlandesi, del tutto a loro agio con tempi irregolari e incursioni fuori dalla modalità, o ancora la tradizione musicale napoletana, i cui drappeggi, che mescolano sapientemente atmosfere maggiori e minori, sono un affresco di storia della cultura mediterranea e delle sue commistioni. Si ricordi poi che “Il Flauto Magico” di Mozart, opera lirica più rappresentata da sempre negli Stati Uniti, fu a suo tempo intesa per un pubblico di estrazione popolare (che nella Vienna del 1791 significava cameriere, garzoni, vetturini…).
E poi ancora – perché la canzone? Delle tantissime forme di espressione musicale un tempo presenti nel mondo occidentale, oggi solo questa ha mantenuto una pregnanza diffusa. Non è forse anche questo, alla luce di quanto si è detto finora, un tristissimo impoverimento?
La scelta ora spetta a noi: renderci conto che il valore della musica è nel suo essere la forma d’arte forse più complessa di tutte, e che la sua conoscenza e il suo insegnamento sono una componente rilevantissima dell’istruzione a prescindere da una loro applicazione professionale – oppure perdere tutto, e lasciare che conoscenze vecchie di secoli muoiano lentamente nella memoria magnetica di un lettore mp3.
Enrico De Zottis
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