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Apr 01, 2010 Terza Pagina
Oltre un secolo fa si è cominciato a decretare il decesso della cultura occidentale. L’arte, espressione più diretta del sentire di una civiltà, ora più ora meno, ha innegabilmente seguito il flusso di questo naufragio. Tra i venti di questa tempesta, la situazione della musica è un urlo che si leva disperato.
Ma quanti sono capaci di sentirlo?..
Ripercorriamo in breve gli eventi.
La seconda guerra mondiale è stata la coltellata definitiva ad un sistema di valori che da decenni stava franando su se stesso; guardiamo al mondo all’indomani della fine del conflitto – che società abbiamo intorno? Nessuno lo sa. L’arte segue di pari passo la parabola degli uomini suoi creatori, e in questo periodo storico anch’essa non sa bene che direzione prendere. Antichi metodi e modelli vengono definitivamente abbandonati per intraprendere un percorso sempre più introspettivo, sempre più legato all’intimo dell’artista creatore e di conseguenza sempre meno apprezzabile secondo un punto di vista puramente oggettivo. E la musica? Cosa ne è di lei? Da un lato alcuni autori musicali tentano strade perigliose simili a quelle sopra descritte, ma con la musica c’è un bell’inghippo al voler sperimentare senza confini: essa si basa su dei parametri oggettivi che sono insiti nel nostro cervello fin dalla nascita, e da cui non si può prescindere oltre un certo limite senza sfociare nel campo del rumore (poiché, più di quanto si possa pensare, la linea di confine è distinta, tra musica e suono). Si tratta di una questione più familiare agli addetti ai lavori che alla generalità delle persone, ma in realtà non completamente, poiché ciascuno di noi possiede gli strumenti neurologici per definire razionalmente un ritmo, una melodia o uno schema armonico: il musicista nella fattispecie è colui che di questi strumenti è a conoscenza, ne ha appreso il funzionamento e sa farne uso. Poiché se il suono in generale consiste in vibrazioni che raggiungono il nostro orecchio attraverso un fluido (normalmente l’aria), la musica consiste in particolari frequenze di quelle vibrazioni – frequenze che associate insieme secondo determinati rapporti matematici, e quindi fissi, provocano determinate emozioni all’ascoltatore.
Questa è una verità, con cui coscientemente o meno hanno a che fare tanto il direttore d’orchestra quanto il ragazzino che suona la chitarra elettrica nella sua stanza.
Dunque, poste queste premesse, quali possibilità per la musica in un panorama così delineato in cui tutto (metodi, tradizioni, conoscenze, regole) viene messo in discussione e rigettato? Una parola: STOP.
Stop non solo all’evoluzione, ma anche alla consapevolezza di ciò che si sta facendo quando si compone: a macchia d’olio si diffonde un appiattimento delle produzioni musicali su pochi semplici standard, poiché del resto – e questa è la ciliegina sulla torta – quasi nessuno tra gli ascoltatori è ormai in grado di accorgersene (continua…)
Enrico De Zottis
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