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Nov 13, 2014 Attualità, Italia
Roma
Che i Romani abbiano attraccato con le loro navi sulle sponde del Nuovo Mondo è una suggestione che molti ormai accolgono come dato certo. Da poco è uscita l’edizione aggiornata di Quando i romani andavano in America di Elio Cadelo (Palombi Editore) che tratta l’argomento con dovizia di particolari, tanto archeologici quanto letterari, portando esempi illuminanti come la presenza in alcuni mosaici di età imperiale di ananas e di altri frutti riconducibili all’altra sponda dell’Atlantico.
Dopo duemila anni e più, qualche frammento della grandezza imperiale si appresta, anzi per la precisione già si trova lì, a ripercorrere le orme dei suoi “avi”.
Parliamo del progetto The Hidden treasure of Rome sponsorizzato da Enel in accordo con Roma Capitale che mira a mettere a disposizione del mondo accademico archeologico di alcuni paesi in cui opera il colosso energetico, parte di quel patrimonio di reperti romani ad oggi chiuso e sigillato in magazzini comunali senza possibilità di essere catalogato, studiato e, ovviamente, esposto.
La mancanza di fondi – perché di questo alla fine si tratta – produce così un effetto nuovo. Dopo la fuga degli studiosi si assiste, difatti, alla conseguente fuga dei settori di ricerca che, senza i primi, rimarrebbero a prendere polvere. Evidentemente l’ambito archeologico, che pure a Roma vanta una struttura riconosciuta a livello mondiale, non deve godere della stessa fama all’interno dei circuiti politici che contano.
Il problema dei fondi che mancano è una questione annosa in un’Italia perennemente in crisi, e quello legato alla ricerca è ancora più fastidioso perché colpisce un ambito, il culturale, che in un paese come il nostro dovrebbe auto sovvenzionarsi e spingere in avanti i relativi fatturati dell’indotto.
E ricordare qualche episodio potrebbe chiarire meglio la situazione.
La cosiddetta Tomba del Gladiatore sulla via Flaminia (a proposito, l’accostamento con il protagonista del film è forzato e fantasioso) trovata nel 2008 non ha ricevuto le debite attenzioni, nonostante fosse di grande interesse archeologico a causa degli stanziamenti mancanti e la stessa sorte hanno subito le scuderie di Augusto, sotto l’attuale Via Giulia, le quali saranno interrate nuovamente non potendo la sovrintendenza garantire a breve uno stanziamento per la messa in sicurezza e l’esposizione del sito.
Alcuni studiosi italiani hanno criticato la scelta del Comune di Roma, protestando contro un impoverimento del settore archeologico che, invece di aumentare il proprio peso specifico all’interno dell’agenda capitolina, perde pezzi che vanno alla corte dei più ricchi istituti nel mondo.
Tralasciando le preoccupazioni riguardo la possibilità che molti reperti vengano persi nei vari spostamenti, cosa che speriamo non accada visto l’interessamento del Comune e di ambienti comunque rispettabili dal punto di vista accademico, il problema del depauperamento di un settore nevralgico resta in tutta la sua complessità. Pompei sta lì e scuote il capo in gesto di assenso.
Luca Arleo
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