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Mag 27, 2022 Attualità, Italia
“Per essere liberale devi chiedere il permesso al PD?” ha twittato Riccardo Puglisi, economista mantovano classe 1974 e professore ordinario di Scienza delle finanze all’Università di Pavia, redattore del sito lavoce.info e noto per le sue idee liberiste e poco favorevoli all’intervento dello Stato nell’economia.
– Professore, ci spiega il suo tweet?
Per quanto concerne il mio tweet sul “chiedere al permesso al PD per poter essere liberale”, ovviamente si tratta di una piccola provocazione, che serve altresì per indurre i partecipanti a questo “grande bar virtuale” a dire la propria. Nel mio tweet mi focalizzo sull’idea per cui chiunque abbia (i) idee liberali, (ii) apprezzi il funzionamento dell’economia di mercato e (iii) non creda all’intervento pubblico come panacea di ogni male debba per forza collocarsi politicamente come una stampella destra del PD, come se tale interventismo pubblico nell’economia sia l’unica soluzione tecnicamente ammissibile. In questo modo si dimentica il fatto che molte prese di posizione in economia – e in scienza delle finanze come studio dell’intervento pubblico nell’economia- si basino su preferenze politiche individuali, che non possono essere sindacate sotto il profilo “scientifico”.
– Lei avrebbe dovuto prendere parte ad una task force del governo sul Recovery Fund, ma nei suoi confronti è stato messo in atto un taglia-fuori. Come mai?
Si trattava della partecipazione al Nucleo Tecnico per il Coordinamento della Politica Economica presso la presidenza del consiglio. A seguito di polemiche sul posizionamento politico e sulle competenze tecniche mie e di Carlo Stagnaro innescate da accademici di sinistra (buffamente: non soltanto economisti) e spalleggiate dal vicesegretario del PD Provenzano, ho potuto verificare dopo quasi un anno che i nostri decreti di nomina non sono stati firmati da chi poteva firmarli, ovvero il presidente del consiglio Draghi e il sottosegretario alla presidenza Garofoli. Io non posso rispondere ulteriormente alla domanda sulle ragioni della mancata firma dei decreti di nomina in quanto banalmente il potere di firma è in capo ad altri…
– Come avrebbe operato all’interno della task force?
Al contrario di malfatti resoconti giornalistici secondo cui questa “task force” avrebbe dovuto validare i progetti che utilizzano fondi del PNRR (falso), il nostro obiettivo sarebbe stato quella di effettuare analisi economiche ed econometriche negli ambiti tematici del PNRR stesso. Nel mio caso, la mia intenzione era di lavorare sull’efficienza delle pubbliche amministrazioni, in termini generali e nello specifico nell’utilizzo di fondi forniti da livelli superiori di governo (amministrazione centrale nella cosiddetta finanza derivata e fondi strutturali UE).
– Su Twitter lei può vantare una platea di 84mila followers. Qui ha pubblicato innumerevoli post con l’hashtag #MoriremoTutti, con i quali ironizza su politici, giornalisti e persone comuni più propense all’uso della mascherina ed alle restrizioni generali anti-Covid. Non teme di poter essere definito una sorta di populista delle élite?
Tanto per essere chiari: l’hashtag #MoriremoTutti è una citazione quasi letterale del predicatore nel Settimo Sigillo di Ingmar Bergman. La pandemia del Covid19 ha causato sofferenze amplissime a molte persone e famiglie, ma ritengo umanamente sbagliato che l’intera popolazione italiana rimanga focalizzata esclusivamente sulla pandemia, senza tenere conto di tutte le altre esperienze buone e cattive che capitano. Chi dà enfasi soltanto sul Covid -e sulle cattive notizie inerenti il Covid- rischia di dimenticarsi colpevolmente o dolosamente di quanto le persone possano soffrire a motivo del distanziamento sociale e delle restrizioni. Rispetto a un panorama mediatico italiano largamente improntato al pessimismo più feroce sul Covid, gestisco autonomamente la mia piccola esperienza mediatica su Twitter scegliendo le espressioni che trovo più significative. Sotto un profilo più ampio, mi preoccupa molto l’agenda del politically correct e della cancel culture secondo cui qualcuno può decidere in maniera quasi autoritaria quali siano le espressioni da utilizzare e quali non lo siano “perché qualcuno potrebbe offendersi”. Ho a cuore la mia libertà e quella altrui e credo che vivremmo meglio se passassimo meno tempo a sentirci offesi per qualche espressione altrui poco gradita.
– Sul Pnrr, il vice-segretario del PD Peppe Provenzano ha attaccato da subito la scelta di Draghi di arruolarla, assieme ad altri liberisti, come suo consigliere economico.
Provenzano esercita il suo più che legittimo diritto di esprimere una posizione politica, che in questo caso andava contro il sottoscritto. Mi diverte la politica come disciplina e come ambito sociale, dunque ho trovato interessante e divertente la mossa di Provenzano, anche se nel breve termine non mi ha giovato. Trovo noioso serbare rancore personale. Ripeto però il punto politico precedente: non è stato Provenzano a non firmare il mio decreto di nomina, bensì Draghi o Garofoli. La responsabilità politica è presso di loro, non presso Provenzano.
– Oltre a Provenzano, sono in tanti gli esponenti del mondo accademico e della politica a disapprovare il suo profilo da “ultras” liberista.
Una premessa: dal momento che mi occupo di scienza delle finanze, e la insegno, da più di 20 anni, è difficile che io possa essere generalmente contrario ad ogni intervento dello stato nell’economia. Tuttavia, certamente sono contrario all’idea che si debba per forza essere a favore di ogni intervento pubblico nell’economia “senza se e senza ma”, come se esso fosse la panacea per ogni male.
– In merito alle critiche che ha ricevuto da Provenzano e da una parte del PD, si è espresso anche Carlo Calenda: “Non conosco bene Puglisi, ma posso dire che mi sembra molto aggressivo e polemico. Non credo che possano essere le sue idee il problema, ma il suo atteggiamento. Detto ciò, non sta a me valutarlo”.
Mi si consenta una battuta: farsi dire da Calenda che sono aggressivo e polemico sui social è come farsi dire da Dracula che lui è più adatto di me come presidente dell’AVIS. A parte le battute, forse Calenda dovrebbe cercare di conoscermi meglio sotto il profilo tecnico e politico prima di esprimere un giudizio affrettato nei miei confronti. Ma per tutte queste cose ho molta democristiana pazienza e ritengo di potere essere d’accordo con lui – o arrivare a meglio comprenderci- su un numero congruo di temi politici.
– Fino a non molto tempo fa era un aperto sostenitore delle politiche di Matteo Renzi.
Ho apprezzato molto alcune mosse tattico-strategiche di Renzi, in particolare la nascita del governo Conte 2 e del governo Draghi 1. Ero molto più negativo sulla sua esperienza di governo (ad esempio avrei preferito un taglio dell’IRAP rispetto al bonus degli 80 euro, e una maggiore incisività nella revisione della spesa pubblica), ma forse alcune delle sue posizioni dipendevano dai vincoli politici interni al PD.
– Come mai, a suo parere, il liberismo risulta un ‘mostro’ da cui tanti vogliono difendersi?
I filosofi scolastici medievali suggerivano “distingue frequenter”, cioè di specificare bene i diversi oggetti e i diversi fenomeni, in modo tale da poterli analizzare in maniera sensata e rigorosa. E dall’altra parte qualcuno potrebbe ottenere un vantaggio politico dall’identificare il liberismo in maniera nebulosa ed eccessivamente ampia, così da inglobare posizioni tutto sommato moderate come la mia, secondo cui l’intervento pubblico non è sempre e comunque la soluzione ad ogni male dell’umanità, e posizioni anarcoliberiste che non sono mie, secondo cui lo stato deve occuparsi di pochissime funzioni – come l’ordine pubblico e la difesa nazionale- perché non incontra l’appoggio unanime di tutti i cittadini. La mia opinione è che il pensiero keynesiano in Italia sia rapidamente diventato -anche grazie all’appoggio del PCI e dell’ala sinistra della Democrazia Cristiana – un pensiero iper-keynesiano secondo cui mettere un limite all’intervento dello stato dell’economia danneggia i cittadini e i lavoratori lasciandoli esposti alla cattiveria feroce delle imprese. Un liberista è altrettanto preoccupato dell’abuso di posizioni dominanti e dalla collusione da parte delle imprese, ma tipicamente ritiene che il modo migliore per lo stato per aiutare il funzionamento del mercato del lavoro consiste nell’evitare discriminazioni e nel rendere disponibile un sussidio universale di disoccupazione relativamente generoso ma non di durata eterna. Ai nemici del liberismo e del libero mercato andrebbe ricordato che le economie totalmente pianificate come quella dell’URSS hanno concluso male la propria esistenza, con retaggi che ci portiamo dietro ancora oggi. D’altro canto, non penso che la civiltà umana riesca a gestirsi bene in assenza di un intervento robusto e intelligente dello stato in aree come la sanità, le pensioni e l’istruzione: il cosiddetto “welfare state”, che non sono tra i pochi a ritenere la più grande invenzione sociale del secolo scorso. Detto questo, perché criminalizzare i mercati e il capitalismo senza se e senza ma?
– Come definirebbe la sua linea politica ed economica?
In economia sono un centrista che apprezza sia il funzionamento dei mercati privati che l’intervento pubblico. In politica non amo l’eccesso di polarizzazione ideologica.
Giulia Cortese
Giornalista
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