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Nov 07, 2014 Attualità, World Wide
Foto tratta da Julie’s Paris
Parigi
Camminiamo tra le strade, rue, boulevard e avenue, della capitale francese e nelle pieghe di una città che si rinnova e sta al passo con i tempi, ma non dimentica mai le proprie tradizioni, non è difficile scorgere alcuni cambiamenti evidenti.
Primo tra tutti il moltiplicarsi di mendicanti che questuano in mezzo alle vie (qui li chiamano clochard e suona meglio, ma il problema è evidente). Il cuore della città ne è pieno. In ogni strada del Quartier Latino, in ogni angolo dei Grands Boulevards, di Montparnasse o degli Champs Elysées, le “postazioni” dei senza tetto con le loro povere cose e i cartelli di spiegazioni, sono una costante, quasi come le insegne dei bistrot. Poi, si nota l’arrivo recente di marchi, soprattutto d’abbigliamento low cost, che fanno mostra con negozi che creano un certo contrasto con le classiche griffe parigine immortali, Dior, Cartier, Chanel, Saint Laurent. C’è anche una grande presenza, più che in passato, di made in Italy, più o meno autentico.
Ormai anche alcune griffe storiche italiane sono entrate sotto l’egida di grupponi francesi tuttofare, che le hanno parecchio spersonalizzate, a volte con distaccamenti di produzione in Paesi con manodopera a buon mercato. Ma l’idea d’Italia impera, nell’abbigliamento, nella moda più o meno top e low, nella ristorazione, nel cibo. C’è anche un altro aspetto che colpisce ed è un fenomeno recente: il pullulare di locali, spesso vecchie brasserie, ma anche posti nuovi, che sbandierano cartelli con proposte di aperitivi, happy hour a prezzi popolari e a volte con la scritta “alla moda italiana o alla moda di Milano”, un fenomeno che con le abitudini e lo stile di Parigi non c’entrano una mazza. E credeteci, amici lettori, per chi come noi vive Parigi da quarant’anni, al fianco dei francesi e ne conosce convinzioni e abitudini, questo è l’aspetto più curioso: i Francesi amano soprattutto le proprie cose e la loro quasi unica totale apertura è nei confronti dei fenomeni culturali, ma per il resto, non se ne parla. Pensare ai parigini che arraffano dai vassoi schifezze unte, per bere un bicchierone colorato come aperitivo mette tristezza. Invece la crisi, il low cost che imperversa, hanno portato abitudini nuove e qualche discesa del gusto e dello stile generale. Nulla di male, per carità, ma la strada dell’omologazione è sempre negativa.
Mon Dieu, direbbe un purista. Noi ci limitiamo a raccontaverlo.
Mauro Pecchenino
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