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Lug 31, 2013 Le rubriche di flip, No!
Il Rap nella cultura hip hop negli Stati Uniti è stata una realtà culturale di notevole impatto, alcuni decenni fa. Poi si è espansa in tutto il mondo e da qualche tempo è diventata una moda in Italia, Paese dove non si segue un fenomeno culturale perché interessa, ma perché ne parla la televisione. Negli ultimi anni i rapper si sono moltiplicati, con qualche buon risultato, ma anche molto ciarpame. Addirittura il rap è arrivato in casa di Amici il talent show di Maria Costanzo. Nell’ultima edizione, un ragazzotto genovese ha vinto con rime facili e accattivanti. Fine.
Ma in Italia le mode quando attaccano, per un po’ di tempo invadono tutto, come l’acqua. E qualcuno ha detto che i rapper sono i nuovi cantautori. Mah, ci sembra la scemenza stagionale del momento. E’ certo che i brani di alcuni rapper statunitensi hanno rappresentato nella storia degli States la stessa forza prorompente di Blowin’ in the wind, Like a rolling stone o We shall overcome, ma i brani dei rapper italiani ci sembrano soprattutto dei piacevoli (a volte) divertissement e niente più. Vi immaginate un pezzo di un rapper italiano, per esempio, vicino a Alice, Cara, Amore che viene amore che vai, Bocca di rosa, Via del campo, a un brano d’amore senza tempo come La cura di Battiato, o un inno d’amore immortale come Ne me quitte pas di Brel ? Roba da mettersi a ridere a crepapelle.
Ci piace il rap e anche il rap made in Italy, ma non esageriamo. E’ un fenomeno che corre il rischio di inflazionarsi e sembrare un neo melodico qualsiasi.
Chantal Fortini
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