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Nov 01, 2015 L'editoriale
Vent’anni fa sono andato a New York con mio padre. Per lui era la prima volta.
Me lo ricordo, emozionato e fiero di andare nella capitale del mondo, insieme a suo figlio e un gruppo di giornalisti, per andare a visitare oltre alla grande mela, anche un progetto edilizio che si stava sviluppando nei pressi della metropoli. Dovete sapere, amici lettori, mio padre era un genovese un po’ chiuso e taciturno. Da quando aveva perduto la compagna di vita, mia madre, dopo il primo logico smarrimento, era diventato un amante del casino e della compagnia. In questo modo si sentiva meno solo e approfittava delle occasioni di avere tanta gente intorno.
Nei giorni a NYC l’ho visto sempre con lo sguardo in alto, a scrutare i grattacieli e super attento a non perdersi un dettaglio di quella città che gli sembrava una sorta di Disneyland senza fine. In quei giorni nessuno ha messo freni: abbian fatto le cinque del mattino, abbian sempre dormito al massimo due/tre ore, abbiam frequentato ristoranti bellissimi, locali con musica dal vivo, spettacoli di Times Square e, lui che non aveva mai ballato in vita sua, ha pure danzato con una nostra procace amica bionda, al suono di un gruppo dal vivo che suonava musica pop jazz. La sera di Halloween ci siamo trovati tutta la folla, una fiumana, per le strade e mio padre si è perso tra la folla. L’abbiamo trovato mezz’ora dopo, tranquillo e con lo sguardo rapito. E lui, il ligure Giulio, di solito un po’ musone, sembrava rinato: parlava con tutti, rideva a crepapelle, partecipava con me alle mie riunioni di lavoro e si interessava a tutto. Siamo scesi in un albergo nei pressi dell’Empire State Building, che vedevamo dalla finestra della camera, e alla notte si illuminava. Una sera ho visto mio padre guardarlo commosso. Faceva tenerezza quel settantenne che viveva la metropoli come uno studente che va a far pratica.
Quando è tornato a casa, a Genova, ha dormito per due giorni di fila. E parlava con tutti del suo viaggio a New York e delle meraviglie di Manhattan.
A volte lo vedo là, al mio fianco, che guarda stupito le vetrine della Quinta Strada e mi viene un magone felice, oggi, come allora. A presto. See you soon. A la prochaine.
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