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Apr 19, 2016 Cultura, Teatro & Cinema
Abbiamo visto Mistress America, commedia amara di Noah Banumbach, regista newyorkese un po’ sopravvalutato.
Il plot ruota intorno ad una storia di amicizia, un po’ casuale tra la trentenne Brooke e la giovanissima Tracy in una New York verbosa e surreale alla Woody Allen, dal quale il regista e l’interprete di Brooke attingono a piene mani.
Le due donne, affascinate una dall’altra, vivono un’esperienza quotidiana fatta di desideri e tentativi che, quasi sempre, soprattutto nella più adulta finiscono in una bolla di sapone.
Un film generazionale, con qualche battuta divertente e qualche sequenza godibile, ma nell’insieme non riuscito, restando sempre come sospeso a tante idee che rimangono solo in nuce.
Anche i sentimenti, sia d’affetto, sia d’amore, vero o presunto, rimangono solo abbozzati, come tutto il resto.
Anche l’ambientazione, la musica e il ritmo recitativo non riescono a trovare una matrice costante e comune, tutto è un po’ lasciato al caso, da una regia che sembra piacersi molto, ma che non convince.
Tra la coppia protagonista emerge la capacità espressiva di Lola Kirke nei panni di Tracy, la più giovane, tenace, tenera aspirante scrittrice. Nel ruolo della confusionaria e superficiale Brooke, Greta Gerwig, complice della sceneggiatura e di tutta la messa in scena, tiene testa alla giovane partner, ma con uno stile più convenzionale. Da vedere, se non si ha di meglio da fare.
Mauro Pecchenino
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