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Feb 01, 2013 Attualità, World Wide
Parigi
Quello che stupisce un italiano a Parigi è la straordinaria coscienza sociale, civile e collettiva che anima la società francese. Qui le manifestazioni sono strumenti popolari considerati efficaci; le bandiere, i cartelli, gli slogan, hanno un valore politico nel senso più nobile del termine; qui il popolo come forza sociale, come entità costituita da persone che hanno uguali aspirazioni, diritti e doveri, esiste e più è unito più si sente forte. Ed è questo che spinge migliaia di francesi in questi giorni a manifestare a favore o contro la legge fortemente voluta da François Hollande per l’approvazione del matrimonio gay. Il 17 novembre scorso la manifestazione contro il matrimonio tra coppie omosessuali, poi quella a favore. Migliaia le persone in piazza, tra le 60 e le 100 mila per manifestazione; migliaia le voci schierate da una parte o dall’altra.
Non è nostra intenzione difendere o far comprendere l’una o l’altra posizione. Entrambe hanno le proprie ragioni. Noi personalmente siamo a favore del matrimonio gay, ma non è su questo che vogliamo portare l’attenzione. I diritti civili sono stati introdotti in Francia quattordici anni fa, il 15 novembre 1999. Diritti non solo per le coppie omosessuali, ma per tutti. Si chiamano PACS, Pacte civil de solidarité et de concubinage, e partono dall’idea, bellissima, che due persone maggiorenni scelgano di vivere una vita in comune e che, pur non credendo nel matrimonio, la loro scelta d’amore garantisca loro, solo in quanto tale, alcuni diritti, dal diritto all’eredità al diritto al diritto a partecipare alle decisioni che riguardano la salute del partner. Quattordici anni fa. In Italia non siamo ancora riusciti ad ottenere il minimo di civiltà che dovrebbe spettare doverosamente ad uno stato laico. In parte, certo, per colpa di una presenza endemica della chiesa cattolica. Ma forse soprattutto per una mancanza di coscienza sociale profonda, per un bigottismo radicato, per un’incapacità di comprendere il diverso. Da cosa deriva? La nostra convinzione è che la conoscenza del diverso e la convivenza con il diverso permettano a lungo andare di accettarlo naturalmente. Non parliamo solo del diverso orientamento sessuale, ma del diverso culturale, del diverso religioso, del diverso linguistico. In Francia l’immigrazione risale a decenni fa. I figli degli immigrati sono francesi, parlano francese, si sentono francesi. Sono integrati. Li trovi negli starbucks, negli uffici pubblici, nei supermercati. I bambini francesi hanno compagni di classe neri, gialli, marroni, giocano con loro e nessuno si sogna di protestare perché ci sono troppi stranieri a scuola. Il diverso è un’opportunità qui. Fin da piccoli ci si confronta col diverso, lo si conosce, si impara a non temerlo o se lo si teme si impara che è comunque parte del mondo. Questa, oltre alla storia di un popolo che ha costruito – manifestando – una Nazione, è la ragione per cui qui si può manifestare a favore o contro il matrimonio gay. Al di là della posizione che si prende, qui si può discutere sul matrimonio gay, mentre in Italia stiamo ancora aspettando i diritti civili. Il dibattito pubblico qui è nobile perché il popolo ha una coscienza civile profonda. E il popolo ha una coscienza civile profonda anche perché conosce il diverso, in tutte le sue sfumature.
Credo che in Italia qualcosa potrà cambiare quando i figli degli immigrati cresceranno con i nostri figli. Quando i nostri figli si abitueranno a conoscere il diverso e si accorgeranno che è una ricchezza straordinaria. E allora, nel conoscere altre culture, nell’imparare ad accoglierle come una ricchezza, forse, non avrà più importanza se si è cinesi o francesi, algerini o italiani, gay o eterosessuali. E il diverso, in tutte le sue forme, smetterà di essere sentito come una minaccia. Per questo siamo convinti che le due cose più importanti da fare in Italia per creare una coscienza profonda siano l’approvazione dei diritti civili e del diritto di cittadinanza italiana ai bambini nati in Italia anche se figli di immigrati. Il resto verrà da sé.
Guardiamo con un po’ di invidia questo popolo che crede ancora nel potere della propria voce, che si riversa per le strade sorridendo senza bisogno di distruggere nulla. Forse un giorno anche noi Italiani saremo in grado di farlo. E non solo in rare occasioni. E sfileremo a gran voce alzando le nostre bandiere tricolore. “Liberté, égalité, fraternité”.
Silvia Ferrari
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