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Ago 02, 2019 Lifestyle, Società
Nei nostri incontri abbiamo parlato molto di politica. Mi aveva detto che, nel dopoguerra, era stato anche lui socialista con Elio Basso, ideologo ed esponente della sinistra socialista, poi di essere diventato anarchico, un anarchico non violento, ispirato alle idee di fratellanza, di solidarietà e di difesa della libertà umana. Gli avevo chiesto i motivi del suo orientamento e lui l’ha motivato con il fatto di aver constatato che tutte le scoperte, nate con lo scopo di servire le persone, ed in particolare i giovani, sono state utilizzate successivamente sempre contro l’uomo. Mi ha fatto notare che questa considerazione si poteva verificare concretamente anche nei prodotti alimentari, resi uguali in ogni parte del mondo, fatti consumare a tanta gente e a tanti giovani, irretiti e manipolati da una pubblicità che spende cifre stratosferiche per trasmettere e introiettare messaggi suadenti e falsamente genuini.
Ricordo le tante battaglie che ha lanciato per la tutela dell’origine di un prodotto, per il recupero dei vitigni autoctoni, per il prezzo-sorgente (cioè l’identificazione del prezzo di un prodotto alimentare all’origine), per rendere evidenti e tagliare gli eccessivi ricarichi nei passaggi dal produttore al consumatore, per la valorizzazione dell’olio extra vergine d’oliva genuino e di tutti i prodotti che hanno storia, qualità e identità. Si è battuto con forza contro le ingiustizie della legislazione che penalizzava i piccoli produttori. Una delle sue ultime battaglie è stata quella della De. Co., la Denominazione Comunale d’Origine. Ho collaborato con lui, insieme all’Associazione delle Città del Vino e a molti sindaci italiani per diffondere e affermare questa denominazione. Per l’Associazione, cui aderiscono più di Ottocento Comuni italiani di eccellenza vitivinicola, aveva firmato la guida del 1997 Viaggio in Italia per le città del Vino, dove vi è un suo puntuale commento, comune per comune, oltre ad un’introduzione straordinaria dal titolo Dialogo morale e no tra 2 viaggiatori enofili, enoici ed enotecnici. Questo curioso e divertente dialogo avviene tra il personaggio Sante Lancerio, considerato “il primo sommelier della storia” e “bottigliere” di Papa Paolo III (cioè acquisitore e sovrintendente al servizio del vino di sua Santità) ed il personaggio Luigi Veronelli.
Durante uno dei nostri lunghi colloqui, gli avevo fatto notare, tra l’altro, che aveva lanciato la De. Co. come prodotto, ma, a mio parere non era sufficiente. Mi era venuta un’idea: poiché proprio lui denunciava che in Italia, annualmente, si perdevano oltre 2000 ricette della tradizione popolare, perché, oltre alle De. Co dei prodotti, non aggiungere le De. Co. delle ricette? Mi aveva fatto subito i complimenti per l’idea. Avevo prontamente deciso, allora, di lanciare la prima ricetta De. Co: Le Tagliatelle alla Santa Giuletta. Si trattava di un piatto risorgimentale, datato 19 maggio 1859, il giorno prima della storica battaglia di Montebello, che avrebbe aperto la via alla conquista della Lombardia da parte degli eserciti franco – piemontesi, un grande scontro avvenuto a pochi chilometri da Santa Giuletta. Quel giorno il marchese Isimbardi guardava preoccupato, nella piana sottostante il suo castello, il movimento di grandi truppe franco-piemontesi da un lato e quello delle armate austriache dall’altro. A pranzo, dovette ospitare nientemeno che alcuni ufficiali austriaci e piemontesi insieme, tutti in imbarazzo: una situazione superata dal valente cuoco del Marchese che aveva inventato, al momento, un piatto particolare, appunto le Tagliatelle, molto gradite agli ospiti. Il piatto era composto da Tagliatelle all’uovo, prosciutto crudo, lingua salmistrata, sedano, burro fuso e pepe. Avevo trovato l’episodio in un vecchio libro contenente ricette tramandate dai cuochi di diversi castelli italiani.
Ai complimenti Veronelli fece seguire tanti articoli, pubblicati in giornali generalisti e specializzati, dove lodava la mia iniziativa (la lode era spesso chiamata “peana”) e quella del mio Consiglio Comunale che aveva approvato, primo in Italia, il Regolamento per la prima ricetta De. Co. Ho presentato il piatto De. Co delle Tgliatelle alla Santa Giuletta, nel 2003, proprio nel Castello che fu degli Isimbardi, sotto un grande cedro, ospitando centinaia di persone che hanno degustato con piacere la ricetta risorgimentale assieme ad altri piatti tipici, accostati all’autoctono vino Bonarda.
Alla manifestazione doveva essere presente, come ospite d’onore, lo stesso Veronelli, ma, il giorno prima, aveva accusato qualche malanno e i suoi collaboratori non hanno voluto lasciarlo partire da Bergamo, dove risiedeva. Comunque sono riuscito a dialogare con lui in diretta, utilizzando un potente amplificatore, dove tutti i presenti hanno potuto ascoltare le sue parole di ringraziamento ed il suo messaggio in difesa della cultura dei territori italiani, delle identità enogastronomiche locali, attraverso le iniziative irrinunciabili dei Comuni d’origine.
Nel mese di Ottobre del 2004 mi aveva inviato una bellissima lettera, dove si scusava per il mancato incontro e mi fissava un appuntamento per una camminata tra le vigne di Santa Giuletta, alla prossima primavera. Per Veronelli l’espressione camminata tra i vigneti non era una battuta, ma costituiva un evento importane e significativo. Mi aveva detto che era importante camminare la terra, percorrere le vigne, per esprimere il nostro vivere in continuo movimento. Era importante impossessarsi della terra, permettere ad essa di esprimersi. Avevo risposto con entusiasmo alla sua proposta e gli avevo inviato un programma di massima: una camminata tra i vigneti di tre aziende-simbolo del Comune: una di bassa collina, una di media ed una di alta collina.
Mi aveva risposto che conosceva benissimo le tre aziende indicate e riferito che, da bambino, veniva spesso nel mio Comune in mezzo alle vigne. Poi vi era ritornato, durante gli anni Cinquanta del Novecento, con l’amico Giuan, detto Brera. Oltre a Gianni Brera va ricordato l’altro suo grande amico, Mario Soldati, che aveva anch’egli parenti in Santa Giuletta.
La prima azienda che avremmo visitato era nota per la produzione dello spumante Classese (uno Spumante indicante un acronimo che significava: Metodo Classico Oltrepò Pavese); nella seconda si erano studiate ed applicate le prime zonazioni a cura del professor Attilio Scienza e Veronelli, nella sua guida, ne citava i vini da lui particolarmente amati: Barbera Becco Giallo, Pinot Grigio, Pinot Nero Renero e il Dorè. Nella terza era stata scoperta, nel 1879, per la prima volta in Italia, la peronospora della vite, cui era seguita la messa a punto del trattamento idoneo a debellare la patologia insorta.
Quest’ultima tenuta vitivinicola era appartenuta agli Isimbardi e, curiosamente, una prozia del Veronelli, come da lui riferito, era andata sposa proprio ad un Isimbardi. Tre dei vini di quest’azienda stavano nel cuore del grande enogastronomo: il Bonarda, il Pinot Nero Vigne del Cardinale e il Rosso Riserva Montezavo.
Purtroppo l’attesa camminata, già predisposta nei dettagli, non ha potuto avere luogo. Luigi Veronelli era mancato un mese dopo, il 29 novembre 2004, alla fine di una lunga, straordinaria carriera, durata quasi cinquant’anni.
Ricordo Veronelli come uomo libertario, personaggio di grande cultura e di profonda umanità, ambasciatore costante del Made in Italy, combattente contro tutti i dogmi, promotore di lotte, ed egli stesso lottatore in prima persona, contro le multinazionali e i potenti gruppi che impongono cibi, culture, politiche, economie omogeneizzanti e penalizzanti per la maggioranza delle persone. Veronelli intendeva orientarci, invece, verso un approccio nuovo, verso un’agricoltura consapevole e di gusto, nell’intento di poter assegnare significato e valore ai consumi, alle nostre idee autentiche, alle azioni che devono guidare le nostre scelte, virtuali e reali, fra utopia e realtà.
Carlo Bolognesi
Sociologo
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