L’intreccio della crescita e del desiderio ne La vita di Adele

Dic 02, 2013 Terza Pagina

Capelli disordinati, labbra carnose, occhi sognanti e naso che cola. Lei è un’adolescente come tante, che vive la sua età fra comuni silenzi familiari, frivolezze degli amici di scuola e un frastuono interno, sempre più forte e incombente.

Così il regista francese, Abdellatif Kechiche, con il potente realismo che da sempre caratterizza le sue pellicole, anche stavolta sviscera bellezza, imbarazzi e controversie di una ragazzina che sta crescendo.

La vita di Adele, premiato durante lo scorso Festival di Cannes come miglior film, riesce a catturare l’attenzione degli spettatori fino alla fine, rivelando la storia di un Amore. E’ il racconto di un corpo e di un cuore vergine, che nella mediocrità della società contemporanea, ricerca qualcosa di più profondo.

“Ho l’impressione di fare finta, di fare finta su tutto…mi manca qualcosa!”

Poi, per strada, quello sguardo che la fulmina, le mozza il fiato, la confonde. La notte stessa, un sogno erotico la infuoca: a sfiorarla era lei, quella ragazza dai capelli blu. Un sogno che di lì a poco, si trasforma in un ritratto al calar del sole in un parco, diventa l’attesa all’uscita da scuola, lunghe passeggiate, mostre d’arte e sguardi languidi. Poi il primo bacio, il primo intreccio ansimante di quei corpi femminili, glabri e sinuosi, che si desiderano…si amano. Un turbinio crescente di emozioni, sentimenti, doni e aspettative, menzogne, lacrime e delusioni.

La vita di Adele, con l’interpretazione ineccepibile delle due giovani attrici, Adèle Exarchopoulos e Léa Seydoux, è un film che ha fatto molto parlare di sé, e che, a parte le scene d’amore  – a parer nostro, davvero troppo lunghe tanto da risultare un po’ fini a se stesse – è senz’altro una fotografia eloquente di ciò che l’Amore è, a prescindere dal sesso e dai costumi discutibili che troppo spesso la vuota società impone.

Da vedere.

Eleonora Dafne Arnese

ardafne@hotmail.it

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