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Feb 01, 2021 Lifestyle, Società
Monsignor Lino Lozza con l’autore dell’articolo
Monsignor Lino Lozza, Canonico del Laterano, Protonotaro Apostolico del Vaticano e rettore della Basilica di Santa Maria in via Lata (in Via del Corso, a Roma) ha dedicato gran parte della sua vita e del suo impegno al tentativo di riunire i cristiani di varie confessioni religiose, precedendo di diversi anni l’orientamento di apertura tracciato da Giovanni XXIII e dai suoi successori. Era una persona dotta, aperta al mondo contemporaneo, gioviale, originale e creativo nell’interpretazione della fede e dell’apostolato.
Era un uomo di grande cultura teologica e politica, dalle multiformi e particolari esperienze. Ha frequentato, ed era stimato, da tutti i Presidenti del Consiglio del dopoguerra e da diversi personaggi politici, dal democristiano conservatore Gonella, al medico di Togliatti, Mario Spallone, da Andreotti a Marco Pannella, al governatore del Lazio Storace. In particolare, era amico e consigliere personale di Craxi, che incontrava frequentemente all’Hotel Raphael, con Spartaco Vannoni, proprietario dell’Hotel. Visitava spesso Craxi, anche ad Hammamet, soprattutto nei momenti particolari di crisi della malattia del leader socialista. In diverse circostanze, Craxi aveva chiesto al Monsignore di pregare per lui. Dal ritorno di un viaggio ad Hammamet mi aveva portato un libro di Craxi con una particolare dedica.
Viveva a Roma, ma era nato a Santa Giuletta, comune situato nella parte centrale dell’Oltrepò Pavese, dove ho ricoperto la carica di Sindaco per molti anni. Quasi ogni settimana tornava al paese, ci incontravamo a cena e discutevamo, fino a notte inoltrata, soprattutto di politica, ma anche delle sue esperienze, dei suoi viaggi e dei suoi impegni, a livello italiano ed internazionale.
In questi incontri, molte volte, gli chiedevo di raccontarmi le tappe fondamentali della sua vita. Si era laureato alla Pontificia Università Gregoriana “, Magna cum laude” (con lode). Durante la guerra aveva fatto parte del Comitato di Liberazione dell’Oltrepò Pavese. Per questo era stato arrestato dalla S.S. nazista che comandava il Nord Italia ed incarcerato nella fortezza militare della Cittadella di Alessandria, in una cella dove, spesso, entrava la pioggia battente. Liberato, fu ricercato dalle Brigate Nere fasciste. Si salvò recandosi in esilio volontario. Dopo la guerra si era recato diverse volte in Germania per raccogliere i prigionieri italiani, abbandonati dal Governo e alla deriva, per portarli in Italia, sopra un camion e rimorchio, tra enormi difficoltà.
Era molto amico di Monsignor Pietro Barbieri, primo cappellano a Montecitorio, di origine pavese, che a Roma, durante il periodo della “città aperta”, nascondeva in vari conventi personaggi politici ricercati dai nazifascisti. Molti di loro sarebbero stati tra i fondatori della Repubblica Italiana, tra i cui il futuro Presidente del consiglio, Alcide De Gasperi.
Seguace di Padre Boyer, era diventato segretario del Movimento Ecumenico “Unitas”, un movimento che si proponeva il delicato compito di riunire tutti i Cristiani, ortodossi e protestanti, divisi dalla Chiesa Cattolica. Dirigeva la rivista Unitas e collaborava con l’Osservatore Romano, organo della Santa Sede.
Fu nominato monsignore giovanissimo (all’età di ventinove anni) da Papa Pacelli, per ‘meriti speciali’. In uno dei nostri incontri, avevo insistito per capire quali erano questi meriti speciali e me ne aveva confidato il motivo. Aveva scritto un discorso per il Papa sulla questione comunista, un discorso di condanna, in linea con gli orientamenti di Pio XII, pur tuttavia in grado di contenere qualche rilevante apertura. Per fare questo, Monsignor Lozza si era consultato anche con un suo parente, l’onorevole comunista Stellio Lozza, deputato alla Costituente e poi Sindaco di Santa Giuletta. Il capolavoro di stesura, tra critiche al comunismo, bilanciate da diverse aperture al dialogo, aveva conquistato l’ammirazione di Papa Pacelli, che, per gratitudine, lo aveva compensato con la nomina a Monsignore.
Avevo chiesto anche perché non era mai diventato Vescovo. Mi aveva risposto che gli era stato proposto questo incarico varie volte, ma di aver sempre rifiutato: preferiva stare a Roma, proseguendo il suo impegno, anche perché, nominato monsignore così giovane, aveva suscitato numerose invidie e la nomina a Vescovo gli appariva più come sottile strumento effettuato ad hoc per allontanarlo dal Vaticano che come una vera e propria promozione.
Fu nominato Prelato d’Onore da Paolo VI e Protonotaro Apostolico da Giovanni Paolo II, che gli aveva conferito anche l’incarico di Canonico Onorario della Basilica Papale di San Giovanni in Laterano. Questa carica è riservata solo ad otto illustri personaggi, il primo dei quali, per antica concessione, è il Presidente della Repubblica francese.
Monsignor Lozza ha viaggiato in tutto il mondo per incontrare cristiani ortodossi, anglicani, luterani e vari gruppi protestanti, cercando sempre di avviare il dialogo, di trovare gli elementi di unità tra le varie confessioni religiose. Nella Basilica di Santa Maria in Via Lata, di cui era rettore e dove aveva la sede il Movimento per l’Unità dei Cristiani, avvenivano, alla sera, suggestive celebrazioni eucaristiche, secondo vari riti (Maronita, Ucraino, Armeno, Melchita Bizantino greco e russo, Malabrese indiano ed altri ancora).
Era stato insignito dal Ministro di Grazia e Giustizia della “Medaglia d’Oro al Valore della Redenzione Sociale” per il suo impegno volto in favore dei carcerati, soprattutto minorenni.
Ha avuto il grande e straordinario privilegio di assistere, nel giugno del 1963, alle ultime ore, prima della morte, di Papa Giovanni XXIII. Era stato, per diverse, ore vicino al suo letto, aveva stretto la sua mano ed aveva ascoltato le sue ultime parole. Ha raccontato le emozioni ed i pensieri di quel momento in cui si spegneva il ‘Papa Buono’ in un libretto dal titolo “L’ultima benedizione di Papa Giovanni”. (Continua…)
Carlo Bolognesi
Sociologo
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