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Lug 03, 2019 Attualità, World Wide
Ora non è il caso di elencare tecnicamente cosa significa blockchain, cosa significa la possibilità di fare a meno di un conto corrente bancario, di portare alle estreme conseguenze la mobilità del denaro senza confini e per transazioni che riguarderanno, almeno nella primissima fase e in termini numerici di individui, più il mondo di Yunus che quello della alta finanza londinese. Ma sarà proprio quella enorme massa di individui che muoveranno i primi passi nella sfera dell’economia digitale a costituire un salto “disruption” nella sfera del fare e che inghiottiranno rapidamente il vecchio mondo finanziario. Nel giro di pochissimo tempo non saranno più le vecchie monete nazionali gli asset di garanzia del valore della Libra, ma viceversa sarà la Libra ad essere l’asset di garanzia delle piccole monete locali, Dollaro ed Euro compreso.
Anzi. Da un punto di vista strategico, se fossimo uno storico del 2200, potremmo definire questo come l’ultimo tentativo (riuscito o meno per allora lo sapremo) della civiltà occidentale di imporre una propria moneta di dominio commerciale sul pianeta, durante la crisi del Dollaro americano e gli spasmi dell’Euro.
Le Transizioni da una formazione economico-sociale ad un’altra, non risparmiano gli attori del vecchio potere. Singolarmente, molti, possono riciclarsi come nuovi protagonisti della fase nascente, a patto di rinnegare le vecchie forme ed essere sponsor del nuovo che avanza. Giuseppe Tommasi di Lampedusa descrisse i tentativi di quel passaggio che caratterizzò la Transizione dalla società agricola e latifondista a quella industriale e borghese. Non è storicamente significativo se qualche individuo salta da una fase ad un’altra restando a galla. Sono le rotture dei sistemi di potere che cambiano i gradi di libertà e fanno la “Storia”.
Le nuove forme di estrazione del valore dell’economia immateriale hanno surclassato i giganti dell’economia materiale e sono saldamente approdate ai vertici delle classifiche delle valutazioni borsistiche. Singole aziende posseggono maggiore liquidità della stragrande maggioranza dei paesi esistenti e singole decisioni di consigli di amministrazione cambiano gli stili di vita e forme della quotidianità di miliardi di individui più di quanto possano fare religioni, movimenti politici o governi. Oggi tutto questo approda sul piano della finanza.
Molte forze politiche, anche molte di origine operaia, sono da tempo approdate alle sponde della cosiddetta società liberale, quella rappresentata, teoricamente, dalla tripartizione dei poteri che, prima della Rivoluzione Francese, erano sostanzialmente in mano al monarca di turno. Peccato che, acciecati dall’ideologia vincente, quella del mercato che aveva prodotto quella rottura, non posero mai il tema della costituzionalizzazione del vero potere che muoveva la società borghese e che, la borghesia finanziaria, voleva fuori dalle possibilità di intervento della democrazia. Infatti, ancora oggi si invoca l’autonomia del sistema delle monete e della finanza dalle “intrusioni” delle decisioni collettive. La democrazia si fermò sui cancelli delle fabbriche, ma non si azzardò neanche un momento a invocare la propria sovranità sulla moneta.
Oggi le nuove forme di estrazione del valore, le grandi aziende planetarie del digitale, rivendicano il diritto a battere la moneta mondiale e a costituire l’abbozzo della nuova statualità post-nazionale e post-democratico-borghese. La crisi aperta nel 2008 e non più chiusa segnala che all’indietro non c’è salvezza e solo nelle nuove forme e capacità di conflitto è possibile aprire la strada a nuove forme di auto-determinazione dell’individuo e della società.
La sinistra, deve comprendere che è oltre gli schemi della fase industriale che si comprende il processo storico e si possono interpretarne i soggetti sociali, le forme dei poteri e degli sfruttamenti, costruendo le forme di lotta in grado di restituire il senso di un orizzonte, individuale e collettivo, che è anche il terreno per il miglioramento della vita qui ed ora. Ma, purtroppo, non se ne vedono i segni.
Sergio Bellucci
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