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Mag 15, 2015 Terza Pagina
Nel panorama mondiale della poesia e della canzone popolare d’autore c’è un nome, un artista, Leonard Cohen, che è stato nei decenni e, lo è tuttora, fonte di ispirazione, punto di riferimento, guru per tutti coloro che scrivono parole e musica. Cohen, canadese anglofono, ottantenne, ebreo, faccia scolpita nella roccia puntuta, voce di carta vetrata, polistrumentista virtuoso, inizia ad esprimersi come poeta, intorno ai sedici anni. Poi si avvicina alla musica e con il trascorrere degli anni diventa il poeta cantautore che tutti ascoltano, l’artista che trasmette emozioni con brani che danno grande spazio alla religione e ai suoi problemi, al senso di isolamento, alla sessualità immaginata e vissuta.
Nel suo lungo percorso, sempre ai massimi livelli, compone e incide brani che rimangono nella storia della musica popolare. Una per tutte, Hallelujah, un inno al sentimento religioso, incisa da molti altri artisti di gloria mondiale come Bob Dylan, Bon Jovi, Jeff Buckley, John Cale. Ma, per i giovani e meno giovani che vogliono conoscere Cohen, consigliamo anche Sister of mercy, Su- zanne, First we take Manhattan, Waiting for the miracle, testi e musiche che entrano nelle ossa, anche grazie alla voce sporca, disturbante a tratti, ma indimenticabile del sommo Leonard.
L’artista canadese ha ispirato, come si diceva, i cantautori di tutto il mondo e anche in Italia ha trovato molti adepti, più o meno validi. I due più autorevoli sono senza dubbio Fabrizio De André, che ha tradotto molti suoi brani e Francesco De Gregori, che si è molto ispirato a Cohen, soprattutto nei primi anni della carriera.
Mauro Pecchenino
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