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Ott 27, 2018 Arte & Musica, Cultura
Foto di Angelina Marcelli per FlipMagazine
Rona
Nel cuore di Roma, in cima alla scalinata di piazza di Spagna si erge maestoso il complesso monastico di Trinità dei Monti. Tra tutte le opere custodite, molte di singolare bellezza, le anamorfosi meritano particolare attenzione. L’anamorfosi è stata una tecnica di disegno geometrico molto in voga nel XVI e soprattutto nel XVII secolo. Si tratta di rappresentazioni pittoriche realizzate in base a una deformazione prospettica che fa sì che l’immagine, deformata appunto, acquisti significato solo se osservata dal cosiddetto “punto oculare”. Questa tecnica aveva anche il significato metaforico di “ricostruzione” o “rigenerazione” della forma. È un po’ come dire: ciò che sembra distorto o brutto, può in realtà essere bello o buono, ma solo se osservato dal corretto punto di vista.
Salendo al primo piano del Convento si presenta agli occhi del visitatore uno spettacolo mozzafiato. Le pareti dei corridoi, che in lontananza sembrano macchiate da disegni informi, prendono corpo quasi inaspettatamente in maestose prospettive accelerate. Nella galleria est, Jean-François Niceron (1613–1646) ha realizzato l’anamorfosi di San Giovanni Evangelista che scrive l’Apocalisse nell’isola di Patmos (1639-40). Lungo il lato opposto si può ammirare il San Francesco di Paola raccolto in preghiera (1642), opera di Emmanuel Maignan (1601-1676). Quest’ultimo è un geniale tributo che padre Emmanuel ha fatto al suo Fondatore. Già, perché sia Maignan che Niceron erano frati appartenenti all’Ordine dei Minimi fondato da san Francesco di Paola (1416-1507), l’eremita calabrese che trascorse gli ultimi vent’anni della sua lunga e austera vita alla corte dei re di Francia.
Maignan, che insegnava filosofia e teologia, ha realizzato un’anamorfosi quasi unica nel suo genere. Vi sono due possibili punti di vista. Il primo si potrebbe definire “miope”. Posizionandosi frontalmente, da vicino, si vedono delle curve nelle quali sono inserite dettagli di scene prodigiose della vita del Santo. Ad esempio, la veduta costiera di Calabria e Sicilia fa da cornice al passaggio dello Stretto del Santo e di un suo compagno sul mantello. Il secondo punto di vista è decentrato, trasversale, va “conquistato”, ma consente una visione ampia e completa dell’immagine. Man mano che si guadagna il punto oculare laterale, i dettagli si diradano fino a scomparire per lasciar prendere forma alla maestosa figura orante del Santo, adornata dai rami di un albero di ulivo.
L’ingegno di Maignan va ancora oltre: il dipinto murale, infatti, è anche palindromo, cioè si vede chiaramente da entrambi i lati del corridoio e sembra quasi voler dire che da qualunque punto di vista si osservi san Francesco, qualcosa di bello si vede.
Angelina Marcelli
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