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Set 01, 2017 Attualità, World Wide
Parigi
Per comprendere che atmosfera si può trovare in questo incombente autunno che Parigi saluta, apprendo i suoi migliori atout culturali e di civilisation al mondo, è giusto andare dove la metropoli ha meno folla e meno notorietà. E’ un po’ come misurare la temperatura ad una persona che ha passato un periodo di difficoltà e stress.
E la capitale francese negli ultimi due/tre anni ne ha viste di tutti i colori, tra terrorismo, stragi, morti e paura. Ma Parigi e i suoi abitanti hanno sempre reagito con forza, a muso duro.
E passeggiando oggi tra le sue strade e i suoi angoli, si vedono tanti gendarmi e militari armati fino ai denti, ma sembra esserci una calma diffusa, almeno in apparenza.
Lasciando stare le mete più diffuse, come i soliti Champs Elysées, ci soffermiamo sulle viuzze vicine a Boulevard Saint Michel e Boulevard Saint Germain, dove di solito il turista non si spinge, perché non vengono indicate come mete principali nelle guide.
Per capirci, ci muoviamo tra rue Bonaparte, rue des Beaux Arts , rue Saint Benoix e le stradine limitrofe. I tavoli dei bistrot sono occupati per tre quarti. La gente chiacchiera, beve calici di rosso e i non Francesi sono pochi. Interpelliamo un tavolo con cinque avventori dai 35 ai 60 anni circa. Affermano: “Facciamo finta di niente, facciamo la vita di sempre. O almeno ci proviamo. La città è sorvegliata, speriamo che i controlli servano. Probabilmente si era sottovalutato il pericolo”.
Ci spostiamo in una zona molto diversa per atmosfere e colori.
Andiamo in rue Crémieux, vicino alla Gare de Lyon, la stazione da dove arrivano e partono i treni per e dall’Italia. E’ una via pedonale, con tante case colorate e tanti gatti, sia reali, sia come dipinti sulle pareti e all’ingresso delle case.
Qui c’è una calma surreale. Davanti a un ingresso c’è un gruppo formato da sette persone, tre donne e quattro uomini, tutti residenti nella strada.
Sostengono: “Senza voler drammatizzare, l’aria di Parigi è cambiata. Non si possono dimenticare gli episodi accaduti di recente. Le ferite sono ancora aperte. Si vive, ma si sta attenti a tutto, ad una faccia, ad un atteggiamento, ad un gruppo di persone che si sposta nella strada. Non possiamo dire di avere gli incubi, ma non è più come prima”.
Mauro Pecchenino
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