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Apr 02, 2019 Attualità, World Wide
Ma potremmo parlare della concentrazione delle ricchezze nelle mani non di “pochi”, ma di “alcuni” individui. Della potenza delle multinazionali che travalica quella degli Stati e piega le decisioni dei governi. Del sistema di produzione della moneta e della sua rivendicazione di autonomia rispetto alle regole di una democrazia al punto di far pensare che le sue regole possano vivere e prodursi fuori dai luoghi predisposti dalle società per regolarsi e organizzarsi. Oppure dell’impatto delle tecnologie digitali nella vita umana, del cambio della struttura cognitiva degli individui, della costruzione di “info-sfere” dentro le quali si racchiudono gli individui e che vengono trasformate, rapidissimamente, in target di riferimento per la produzione di merci. Potremmo accennare al fatto che le nostre società basate sul Welfare rischiano il collasso per l’impatto che le tecnologie robotiche e l’Intelligenza artificiale avranno sul lavoro salariato, quella forma di attività umana sulla quale si è basata, fino ad oggi, la produzione della ricchezza, la sua distribuzione, la generazione delle risorse statali attraverso le quali pagare pensioni, scuola, università, servizi sociali, polizia e così via.
Potremmo dilungarci nell’elenco (e dovremmo farlo). Dovrebbe essere uno dei lavori di un “vero congresso di partito”: “ricostruire, partendo dagli effetti, le cause e proporre <<alternative sistemiche>> allo stato di cose presenti”. Altro che paura della crisi del sistema, come emerge costantemente dalle dichiarazioni spaventate di quasi la totalità dei politici, soprattutto dell’area del centro-sinistra e di molti esponenti della stessa sinistra. O il tentativo di trovare le pezze a questo sistema per farlo continuare ancora un po’. È dalla crisi di questo sistema – ormai cronica e devastante – che dovremmo partire e sentire le proposte di un nuovo modo di vivere, organizzare la vita, le relazioni, i lavori, la distribuzione delle ricchezze.
Cinque anni or sono, durante un convegno su Capitalismo finanziario e democrazia, indetto dalla rivista Alternative per il socialismo, proposi la creazione di una criptovaluta sociale. Una moneta che mettesse a valore tutto il lavoro umano non valorizzato dal ciclo capitalistico e si mettesse a disposizione della produzione diretta di valore d’uso, che le tecnologie digitali oggi consentono. Allora non si parlava ancora di Criptovalute e di Blockchain, non andava di moda (a sinistra ancora oggi non si è compreso bene cosa sia e che potenzialità ri-costruttive, in termini di organizzazione sociale e di produzione e distribuzione del valore). Mentre discutiamo ancora di come tenere in piedi il vecchio mondo, pensando di dare una risposta ai problemi immediati delle persone, non ci accorgiamo di quanto il mondo stia andando oltre, con potenzialità spesso inespresse per mancanza di politica e di politici.
La cosa bella è che se rimaniamo con gli occhiali che aumentano l’ipermetropia, tutto sembra “semplice”. L’umanità non ha mai avuto tante conoscenze come oggi, tante capacità da mettere in campo per pensare ad una nuova forma di produzione che abbandoni il consumismo sfrenato e apra a forme diverse di produzione e soddisfacimento dei bisogni. Le economie della condivisione e anche le forme produttive delle piattaforme, se sviluppate socialmente e non lasciate in mano al capitalismo, possono produrre un salto enorme in avanti. Forme relazionali diverse e rimodulazione delle forme di scambio possono ridurre i processi di mercificazione della vita e ridare senso alle generazioni che si affacciano oggi alla vita. Potremmo ridurre l’impatto della nostra impronta umana sul pianeta, produrre energia in maniera rinnovabile e condivisa. Potremmo basare il fare umano (un lavoro post-salariato) sul ciclo del riuso, del riciclo, del risparmio. Potremmo smettere di pensare che l’economia di oggi si debba basare ancora sul cemento e dovremmo comprendere che si potrebbe basare sulla conoscenza e sull’intelligenza. Potremmo passare dall’idea di proprietà a quella della condivisione, con una rottura totale della cultura del possesso che è una matrice dell’antichità e della scarsità. L’era della soddisfazione dei bisogni orientati verso i beni immateriali potrebbe aprire all’umanità la porta di un nuovo assetto di vita e relazione. La tendenza veloce di questi beni al costo zero, rompe lo schema che il capitale ha imposto alla storia umana negli ultimi quattro secoli. La stessa moneta potrebbe essere pensata in maniera completamente diversa, prodotta e generata dalle stesse relazioni sociali e non dallo scambio mercantile. Oggi, come dicevo, ci sono le tecnologie per farlo, siamo noi che non siamo all’altezza di creare il mondo nuovo che diciamo di volere.
Certo, ci vuole una politica diversa. Ci vuole una capacità di uscire dalle visioni del passato e avere il coraggio di proporre forme di futuro da sperimentare. Dentro questo quadro, nuove forme di uguaglianza, nuove forme di diritti, nuove forme di relazione apriranno all’umanità un grado di Libertà più alto. Una Libertà consapevole, integrata, che sappia garantire, all’individuo, quella libertà individuale reale che questo sistema, oggi, non solo nega, ma impedisce.
E invece abbiamo una classe dirigente che parla solo di liste e di asticelle elettorali di sbarramento.
Sergio Bellucci
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