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Ott 03, 2019 Attualità, World Wide
Immagine di Taras Yeher
Inizialmente passata quasi inosservata, la risoluzione del Parlamento Europeo dal titolo “Importanza della memoria europea per il futuro dell’Europa”, approvata a larghissima maggioranza il 19 settembre, sta suscitando aspre denunce e polemiche, soprattutto in Italia.
La risoluzione è stata preceduta il 22 agosto da una dichiarazione di Frans Timmermans e Vĕra Jourová, durante la Giornata europea di commemorazione delle vittime di tutti i regimi totalitari e autoritari, in occasione della quale si faceva esplicita memoria del trentesimo anniversario dalla caduta del muro di Berlino e dell’ottantesimo dall’inizio del secondo conflitto mondiale e dalla firma del patto Molotov-Ribbentrop.
Il condivisibile obiettivo della risoluzione voleva essere quello- di incidere nella memoria storica collettiva dei cittadini europei. “Il tragico passato dell’Europa – recita il documento – dovrebbe continuare a fungere da ispirazione morale e politica per far fronte alle sfide del mondo odierno, come la lotta per un mondo più equo e la creazione di società aperte e tolleranti e di comunità che accolgano le minoranze etniche, religiose e sessuali, facendo in modo che tutti possano riconoscersi nei valori europei”.
Il punto è che la risoluzione è stata forse la veste più inappropriata per affrontare temi così delicati della storia contemporanea; il Parlamento, infatti, si “pronuncia” e ci offre una “versione ufficiale” e delle conclusioni in assenza di un adeguato sviluppo argomentativo.
Il mestiere di storico è certamente difficile, ma la metodologia-base è chiara e comunemente nota. Esistono i fatti e le interpretazioni dei fatti. Lo storico innanzitutto deve verificare che la ricostruzione sia esatta attraverso la critica delle fonti utilizzate. Verificata l’attendibilità della ricostruzione, lo storico passa all’interpretazione, contestualizzando e comparando i fatti. Lo sforzo interpretativo dello storico – che spesso richiede sofisticati attrezzi del mestiere – è volto ad accertare una verità storica, che non è verità assoluta.
Leggendo il testo della risoluzione è quindi comprensibile la perplessità degli storici. Proviamo ad applicare la metodologia storica su uno dei passaggi più controversi del documento.
Il patto Molotov-Ribbentrop è un fatto. La risoluzione dice bene affermando che si sia trattato di un trattato di non aggressione nazi-sovietico datato 23 agosto 1939, contenente protocolli segreti, in base ai quali due regimi totalitari, che avevano in comune obiettivi egemonici, hanno suddiviso l’Europa in due zone d’influenza. Pur muovendo dalla constatazione di un fatto storico accertato, il Parlamento europeo giunge tuttavia ad affermare perentoriamente, in maniera acritica, che il conflitto sarebbe stato “conseguenza immediata” del patto. Stabilire un nesso di causalità per eventi così complessi come la seconda guerra mondiale è impresa ardua, ai confini del possibile.
Discorso analogo si può fare sull’equiparazione tra nazismo e comunismo. Certo, si può tentare una comparazione, ma le specificità sono troppe per poter accomunare le due esperienze storiche.
Ci resta, quindi, una domanda: se il Parlamento Europeo voleva rendere giustizia ai paesi dell’est denunciando compiutamente i contenuti criminali del comunismo, non avrebbe fatto meglio a promuovere una adeguata ricerca storica? Ovviamente ci riferiamo alla ricerca libera.
Angelina Marcelli
Per scaricare la risoluzione, clicca qui: http://www.europarl.europa.eu/doceo/document/TA-9-2019-0021_IT.html
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