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Lug 14, 2010 Attualità, Italia
Il Mac piace. Punto. Chi non ce l’ha tappezza i propri gadget tecnologici con gli adesivi della Mela (magari trovati nella scatola dell’iPod), chi lo odia utilizza Linux (ma a quel punto odia anche Windows), alcuni traboccano dalle parole di Steve Jobs, altri ancora dormono fuori dagli Apple Store per poter essere i primi ad avere l’ultima meraviglia. Assatanati oppure curioso fenomeno di costume? Vediamolo insieme, buona lettura!
Molti pensano che la comunità Mac sia fatta da impediti digitali che, se tolti dal loro macbook, non sanno nemmeno come stampare una pagina. In realtà la comunità Mac adesso sta reclutando tantissimi switcher, ovvero utenti stanchi delle vessazioni di Windows e pronti a qualcosa di nuovo. In tutto il mondo il Mac viene usato da creativi e professionisti (il 90% dei documentari presentati agli Oscar erano montati con Final Cut Studio), in America viene considerato il computer delle famiglie. E da noi? Da noi molti non ne sono nemmeno a conoscenza, chi lo conosce e lo prova sa che esiste una sostanziale differenza.
Il Mac è come l’amore, è libero dai vincoli: smonti una chiavetta e via, selezioni due o tre file e li masterizzi subito (senza dover utilizzare programmi intermedi), ti guardi un film mentre iDVD sta codificando e masterizzando il video delle tue vacanze… Ecco il vero multitasking, la vera e concreta possibilità di passare da un programma all’altro in scioltezza e senza rallentamenti.
Essere Mac non è soltanto una velleità sessantottina, è un modo di vivere easy senza complicazioni inutili e andando direttamente al punto. Il Mac ha una storia, i suoi modelli, le sue strategie, il suo approccio al mondo informatico che ha delle differenze con Windows, è innegabile. Nonostante adesso stiamo vivendo un periodo di contaminazioni il Mac ha i suoi programmi e le sue procedure (e, detto tra di noi, va bene così: un programma specifico per una piattaforma andrà sempre meglio di un adattamento mal riuscito).
Avere un Mac vuol dire affezionarsi ad un modo di fare e vedere le cose a forte impatto grafico, semplici da relizzare e funzionanti. Spesso anche la migliore idea se trova un programma frustrante ne risente; il suo utilizzo in ambiti delicati come la sicurezza danese o in medicina ne dimostrano la maggiore stabilità ed affidabilità.
Il design è innegabile, ha un impatto superiore rispetto agli altri prodotti: è curato, funzionale e attento alle esigenze dell’utente, niente è fuori posto. La cura nei particolari, che spesso si ritrova anche nell’assistenza telefonica, è una delle cose più apprezzate di questo prodotto: esser Mac quindi vuol dire evitare di fare le cose alla carlona ma curarle, accudirle e migliorarle il più possibile.
É la storia di una mela che ci accompagnato per tanti anni (compresi quelli neri, dove venne cacciato Jobs dalla sua stessa società e se ne videro di tutti i colori), regalandoci sempre un modo nuovo di fare e di vedere le cose. Il Think different è mutato in tutto questo tempo (adesso i computer Mac condividono componenti validi anche per windows) ma non ha tradito la sua anima: massima funzionalità e garanzia del risultato appena fuori dalla scatola.
É la visione di quello che sarà, con lo sfruttamento delle nuove tecnologie e un approccio basato sull’esperienza utente (anzichè su quella dell’ingegnere che l’ha progettato), un modo di pensare alternativo che negli anni ha portato a tante piccole rivoluzioni: la porta USB portata da Intel, l’abolizione del floppy, i computer all in one a tutto schermo, l’aumento di programmatori che realizzano programmi per Mac.
Il passaggio non è facile (almeno molti lo credono) e il prezzo è da sbarramento, ma non troppo: il Macbook bianco, icona dello studente al college, costa sempre meno di 1.000 euro (e, come già affrontato in questo blog, sappiamo che questa è la cifra per un portatile decente per via della batteria, componenti e via elencando). Esistono gli sconti Education e la possibilità di trovare ottimi usati su eBay o altri siti (molti lo cambiano al cambiare della moda, per cui sono praticamente nuovi): ormai il Get a Mac è stato sdoganato e sta riempiendo gli atenei universitari, arrivando anche nelle case di tanti appassionati.
Anche AutoCad, il programma leader per l’architettura, sta attuando una conversione al Mac: ormai è una famiglia che si sta allargando sempre più e prolifera nuovi prodotti, grazie anche a tante piccole software house che, con cuore passione, realizzano piccoli programmi economici per le più svariate esigenze.
E io, fin quando l’ADSL resisterà, continuerò a raccontare storie di Mac, dei suoi protagonisti e delle novità che riguardano questo variegato universo: il sogno visionario di Steve Jobs è ora diventato realtà e la differenza ora si sente davvero, ad ogni livello. Il mio augurio è di proseguire questo viaggio nel mondo della Mela insieme ai lettori del mio blog, che ogni giorno mi dimostrano il loro affetto e la loro passione: questo è veramente Think Different.
Eleonora Dafne Arnese
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