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Mag 25, 2013 Attualità, Italia
Toni Servillo in La grande bellezza
Cannes
Il solito refrain: c’è crisi, ovunque. E’ vero che anche il cinema rispecchia questo stato di cose. Però l’industria del cinema va avanti e anche il cinema italiano vuole fare la sua parte. Quest’anno Cannes, con il suo Festival primo nel mondo, ha offerto una Croisette fredda e piovosa, visitatori e spettatori in numero molto ridotto e un solo film italiano in concorso, La grande bellezza. Diretto da Paolo Sorrentino, l’autore del Divo, è un affresco che ha Roma come protagonista, con la sua bellezza mondiale ed eterna, decadente e sempre emozionante. In questo scenario senza tempo si muovono tanti personaggi e personaggini, in mezzo a feste interminabili e cafone, con i loro drammi e debolezze. Su tutto, c’è un filo conduttore rappresentato da un giornalista scrittore mezzo fallito, che festeggia i suoi sessantacinque anni ed è interpretato, con la solita maestria distaccata e un po’ ribalda, da Toni Servillo.
Mentre stiamo scrivendo, non conosciamo il verdetto e i premi della giuria presieduta da Steven Spielberg. Riteniamo che il film di Sorrentino meriti un premio, forse due, uno per la regia e l’altro per l’interpretazione, appunto, di Servillo. Non è un film piacione La grande bellezza. A tratti disturba per la vena di incalcolabile tristezza e sconfitta che lo pervade. Ma Sorrentino sa girare con taglio e senso degli spazi realmente ammirevoli. Eppoi sa scegliere e dirigere gli attori, in una sinfonia corale che dà a Carlo Verdone un ruolo dolente e malinconico, a Sabrina Ferilli un ruolo di donna che vuole sopravvivere alla sua bellezza passata, con l’esperienza e l’intelligenza. Tanti gli altri caratteri di contorno, da Pamela Villoresi a Isabella Ferrari, Serena Grandi a Roberto Herlizka, a molti altri, tutti in parte e coinvolgenti.
Un film degno di nota, senza dubbio. Qualcuno ha subito fatto riferimenti a Federico Fellini e alla sua Dolce vita. In linea generale, può ricordare il capolavoro del maestro di Rimini, ma la nostra epoca e l’atmosfera che pervade il film sono troppo differenti e distanti dal quell’illustre modello, che è inutile fare paragoni.
Mauro Pecchenino
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