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Feb 14, 2013 Terza Pagina
A volte può capitare che la pratica religiosa, gestita in maniera ossessiva o troppo personale, possa portare al fanatismo. Ci sono stati casi noti nella storia di persone che hanno trascorso la vita a flagellarsi, a porsi limiti personali non necessari, con il desiderio di avvicinarsi a Dio, con un percorso di “santità” fine a se stesso.
In altre parole, diventare santo non è un mestiere o un desiderio, ma si viene scelti, tout court.
A un “dibattito” di questo tipo porta un importante contributo Maria Antonietta Manca, docente di Lettere di origine salentina, già autrice con l’editore Manni che ha di recente pubblicato, per i tipi di Lupo Editore, un volume dedicato a Lucia Solidoro, una giovane di Gallipoli deceduta a poco più di vent’anni, nel primo trentennio del secolo scorso.
Il lavoro dell’autrice è di attenta ricerca, in modo particolare attraverso le lettere scritte dalla stessa Solidoro. Da questi scritti, spontanei e a volte sgrammaticati, viene alla luce il ritratto di una ragazza che vive per la fede cristiana, che lotta per la propria vocazione e pensa all’aldilà come al migliore dei mondi, dove potrà trovare in Dio il suo sposo ideale. E’ attenta e puntuale la Manca nel metter in evidenza gli aspetti più chiari e marcati del carattere della Solidoro, senza azzardare commenti affrettati.
Maria Antonietta Manca vuole documentare un’esistenza, farla conoscere, con il piglio della ricercatrice che desidera che si discuta su un’esperienza e, oltre la serie di lettere vergate dalla giovane, analizza oggetti e testimonianze, per far capire che dietro alla giovanissima Lucia ci potrebbe essere una fede che la Chiesa dovrebbe prendere in considerazione, per giungere, perché no?, a una, magari futura, beatificazione.
Mauro Pecchenino
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