La Cambogia, l’avventura continua

Ott 09, 2011 Attualità, World Wide

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E se la mamma di Smey avesse accettato il matrimonio per salvare la famiglia?

O forse si era innamorata del suo carceriere come nei migliori romanzi rosa anti-cinismo o forse il patrigno di Smey faceva parte dell’esercito vietnamita di Hanoi e aveva salvato la sua famiglia durante la presa di potere. Smey parla raramente di tutto questo e solo dopo tre o quattro birre e tutto allora potrebbe essere stato capito o interpretato nella maniera sbagliata. In ogni caso porta un grande rispetto per il suo padre adottivo che, a guardarlo bene, ha qualcosa di marziale e definitivo, occhi profondi che scrutano la notte mentre ondeggia sulla sua amaca di guardiano notturno a Osborne House, la voce gracchiante di una radio a tenergli compagnia. Mi chiedo cosa sogni, se chiuda mai tutti e due gli occhi, cosa abbia fatto davvero nel suo passato o cosa abbia dovuto fare. Durante gli anni di Pol Pot ha perso la sua prima moglie e il bambino che stava venendo alla luce, a qualunque vita sia poi andato incontro forse aveva già pagato abbastanza, si era guadagnato una nuova chance e ora la pace vuol dire confondersi nella notte, pelle scurita dal sole e vecchia agilità di soldato che sa che il tempo della guerra è finito e i suoi cari sono al sicuro, ma ancora la lotta non è terminata. Forse spera solo che i suoi nipoti non debbano mai vedere e sopravvivere a ciò che lui ha passato, soprattutto perché non ha potuto impedire che Smey stesso scegliesse l’esercito, un’altra volta volontario, un’altra volta contro la loro stessa gente. Troppo spesso Smey si è ritrovato a combattere contro le diverse fazioni politiche di una stessa nazione, soldato “Anki” del partito di re Sihanouk, una volta contro i militari della fazione che appoggiava il generale Son Sen, un’altra volta contro chi sosteneva l’alleanza di Hun Sen con il Vietnam, un’altra e mille volte ancora contro i Khmer Rossi che si nascondevano nella foresta. Palin, Kompong Thom, anche Preah Vihear, Smey ha combattuto con la Seconda Divisione in diverse parti della Cambogia, sempre contro lo stesso nemico, ha visto morire i suoi compagni uno dopo l’altro, c’erano giorni in cui perdevano trenta, quaranta, anche cinquanta uomini, spesso più per le mine anti-uomo che per il fuoco nemico. Risaie e foreste ne erano piene, i Khmer Rossi avevano studiato dai Cinesi come posizionarle al meglio, gli stessi Cinesi che avevano un’ambasciata a pochi centinaia di metri dall’S-21 e pretesero di far credere di non aver sentito le grida della tortura…

Combattere contro il suo stesso popolo o contro il Vietnam non cambiava di molto le conseguenze, amici morti come animali nella foresta, il corpo pieno di ferite che gli ricorderanno per tutta la vita quei giorni, alcune volte passati nel delirio della malaria. Spesso non c’erano le medicine per curarsi ma forse la febbre e l’oblio erano i benvenuti, almeno un giorno per non pensare, almeno un giorno per dimenticare.

Smey ha lasciato l’esercito nel ’99 con già una moglie e due figli a carico e si è ricostruito una vita lontano dagli orrori della guerra, almeno fisicamente. Nel 2000 ha chiesto un prestito e ha cominciato a portare in giro i turisti a Siem Reap. Ha provato a fare anche il pescatore ma presto è tornato al turismo, finché non è stato assunto come manager del primo orfanotrofio di COF. Spesso sorride, ha quel senso dell’umorismo che a tanti cambogiani manca, è equilibrato e non è alcolizzato, i bambini lo chiamano pa’ e lo adorano. Forse è grazie a loro che non ha gli incubi di notte, forse Nick, oltre che a salvare i bambini, salva anche persone come lui circondandole di risate e innocenza, come a voler riequilibrare il male subito, il dolore provato.

Eccolo lì, verso mezzogiorno si siede al lungo tavolo che un momento prima ospitava 30 bocche affamate, anche da lontano si possono vedere le vecchie cicatrici, anche da lontano di può vedere che non gli fanno più male.

E.D.A.

• Cambogia, Hanoi, Pol Pot, Vietnam