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Feb 10, 2010 Terza Pagina
Lei è la mamma bellissima che mette in soggezione il figlio maschio e in difficoltà il marito geloso, ma che rende orgogliosa la figlia femmina che con lei si diverte, ride, gioca e impara a diventare donna.
La prima cosa bella, l’ultima fatica di Virzì, è ben riuscito, ben fatto e merita di essere visto. L’aspetto principale del film ruota attorno alla figura carismatica e solare della mamma.
Una donna dalla forza d’animo straordinaria e dalla vitalità contagiosa, che mette soggezione a chiunque soffra personalità così esuberanti, proprio perché difficili da omologare.
Questa donna però, prima per scelta del marito che la lascia e, poi, per un modus vivendi che le è proprio, rifiuterà sempre, una vita piatta e noiosa, anche nell’ultimo periodo della sua esistenza.
Il saper trovare sempre una via d’uscita, anche in situazioni disperate e affrontare tutto con il sorriso e con la voglia di vivere, di emozionarsi, di amare, di sognare un domani migliore, rappresentano il leit motiv della vita di questa donna fuori dal comune.
L’avvenenza e la spontaneità di una mamma, straordinariamente bella, può creare in una città piccola come Livorno e, in un’epoca ancora segnata da un finto perbenismo, ipocrita, una piccola rivoluzione culturale.
Da una parte chi, sognandola, inventa situazioni boccaccesche con lei come protagonista o chi, la seduce promettendole mari e monti, per poi lasciarla con la più banale delle scuse.
Attorno ad una figura femminile così dirompente, sono proprio quelle maschili, rappresentate da padre e figlio, a soffrirne maggiormente la vitalità, la voglia di vivere, non riuscendo in nessun modo a rapportarsi con questa donna, se non in maniera conflittuale e lacerante.
Il marito l’abbandona, pur continuando ad amarla e il figlio maschio non riesce mai ad avere con lei un rapporto naturale e filiale, schiacciato dalla timidezza e dal chiudersi sempre più a riccio, fino a scappare lontano da una presenza così ingombrante che lo condizionerà, anche da adulto, nei rapporti interpersonali.
Il marito morirà giovane, lacerato nell’animo e, in cuor suo, rimanendo sempre innamorato di questa donna che non è riuscito a tenere con sé, forse perché inadeguato, come un neopatentato alla guida di una fuoriserie.
Il figlio maschio, solo dopo la morte della mamma, sembra rinascere, da una vita costellata da una personalità fragile e timida, inesorabilmente messa in ombra, sin dalla sua prima infanzia, dall’esuberanza e dall’energia positiva e straordinaria di una madre per lui troppo ingombrante.
Uomini che soffrono una figura femminile forte, dall’animo straordinario e dalla vitalità contagiosa e che, proprio da queste caratteristiche, vengono annullati.
Convivendo così con una donna che provoca loro un’infelicità latente che si concluderà solo in maniera drastica.
Nel caso del marito , fino alla fine dei suoi giorni, nel caso del figlio maschio, solo con la morte della donna.
Norman di Lieto
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