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Apr 28, 2011 Attualità, Italia
Il mese scorso l’ISTAT ha pubblicato i valori relativi all’export 2010 in Italia.
Il settore agroalimentare è la prima voce del lungo elenco e registra un record storico: 28 miliardi di euro, in aumento del 13% rispetto all’anno precedente. Un risultato positivo che bene esprime il dinamismo e la voglia di ripensarsi di uno dei settori che costituisce il fiore all’occhiello dell’economia Made in Italy.
Questa stessa atmosfera di positività e determinazione la si respirava anche alla 45ª edizione del Salone Internazionale del Vino: il Vinitaly.
Nato a Verona nel lontano 1967, il Vinitaly è diventato negli anni, dopo il Salone del Mobile a Milano, la seconda fiera italiana più importante e attrattiva a livello mondiale. Infatti, quest’anno la presenza di visitatori stranieri è stata significativa (+3% sul 2010): in testa Germania, Stati Uniti e Canada, ma anche – e inaspettatamente – Cina e Giappone.
Un mercato globale, variegato, esigente e aggressivo al contempo che vede come attori principali viticoltori (italiani) appassionati, ma talvolta impreparati non a fare il vino, ma a venderlo.
Tra i padiglioni scenografici e ben organizzati del Vinitaly, però, è sembrata in atto un’inversione di tendenza: in numerosi stand delle aziende vinicole, a presentare i meravigliosi vini c’erano le due generazioni insieme, padri e figli.
I padri, spesso ereditieri di “ricche” terre, gelosi del proprio prodotto e restii a tutto ciò che riguarda l’innovazione, la comunicazione e il mercato globale, sono ancora fortemente – e anacronisticamente – legati all’idea che il proprio prodotto sia il migliore del mondo e si venda da sé!
I figli, invece, diventati ormai gli attuali piloti delle realtà aziendali, sembrano consapevoli dello scenario economico e commerciale globale, saturo e standardizzato e puntano sulla qualità e sulla diversità, recuperano le tradizioni locali cercando di raccontarle e comunicarle anche approcciandosi alle nuove tecnologie. Investono sull’agricoltura sostenibile, sulle certificazioni biologiche e sull’energia pulita, si confrontano e fanno squadra con le altre aziende vinicole, sono conoscitori dei processi produttivi ma sono altresì capaci di essere open mind e di cogliere nuove opportunità di business rafforzando la propria realtà imprenditoriale.
Insomma, il cambio generazionale ha forgiato giovani che hanno avuto la capacità di ripensare un intero settore, con competenza e ambizione, mettendo in atto una piccola rivoluzione e rinvigorendo l’appeal e la specialità dei gioielli enologici dello Stivale.
Eleonora Dafne Arnese
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