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Nov 27, 2011 Cosa bolle in Pentola
nr 7375’s Picture from Flickr.com
Guess that this must be the place I can’t tell one from another
Did I find you, or you find me?
There was a time before we were born
if someone asks, this where I’ll be…where I’ll be.
“This must be the place” Talking Heads
In fondo, se ne è parlato poco. Ma secondo noi merita di ritornarci sopra.
“This must be the place” è l’ultimo lavoro di Paolo Sorrentino, regista napoletano, classe 1970. Il film racconta le vicende di Cheyenne un ex rocker ormai in pensione, che dopo la morte del padre, con il quale non ha contatti da anni, parte per un viaggio negli Stati Uniti. Scopo del viaggio è quello di ritrovare un criminale nazista, del quale il padre stesso pare fosse ossessionato, a causa di un’umiliazione subita in un campo di concentramento durante l’Olocausto. Ma la tragedia della Shoah, fa solo da sfondo a questo film significativo che pare non voglia raccontare in realtà nessuna grande storia, ma solo tante piccole vicende, fatte di volti e splendidi personaggi. Cheyenne in verità sa poco e nulla dell’Olocausto e a dichiararlo è lui stesso, ciò che cerca è solo la vendetta, un regolamento di conti. Il protagonista interpretato da un grandissimo Sean Penn, reso quasi irriconoscibile dal pesante trucco, vive in una enorme casa a Dublino, con tanto di piscina senz’acqua, che utilizza solo per giocare a squash con la moglie Jane. Il trucco e il look di Cheyenne ricordano il cantante e leader del gruppo “The Cure”, Robert Smith, al quale lo stesso Sorrentino ha dichiarato di essersi ispirato. Cheyenne è una specie di bambino mai cresciuto, che continua a mascherarsi e a travestirsi da rockstar nonostante l’età. Un po’ depresso e un po’ malinconico , cerca sempre, in tutti i modi, di non farsi riconoscere dai suoi fan. Ogni volta che esce di casa si porta dietro un trolley da viaggio, una specie di appendice di se stesso, come di un qualcosa da cui non riesce a liberarsi, come di un peso fatto di paure e questioni mai risolte. Il film può essere considerato a tutti gli effetti un romanzo di formazione, poichè narra proprio di un percorso di crescita, con l’unica particolarità che il protagonista qui non è un ragazzino, come vuole il genere, ma è un uomo già grande, fin troppo. Con questa sua ultima opera Sorrentino si è molto allontanato dall’ambientazione napoletana de “L’uomo in più”, il suo film d’esordio. In quest’ultimo si narravano le vicende di Tony Pisapia cantante neomelodico napoletano che un tempo, proprio come Cheyenne, aveva avuto un successo travolgente, ormai anche lui in declino. Ma sembra quasi che la figura di Cheyenne in qualche modo vada a completare il personaggio di Tony. Cheyenne così candido, innocente, così ingenuo è l’opposto di Tony: cinico, strafottente e arrogante. Tony Pisapia è un adulto in un mondo adulto, Cheyenne è un bambino anche lui però in un mondo adulto e in un corpo adulto. Cheyenne riuscirà a trovare il criminale nazista e a compiere la sua vendetta, dopodiché riuscirà anche a crescere, togliendosi la maschera e lasciando a casa il trolley. Perché è questo, alla fine, che insegnano tutti i romanzi di formazione: che prima o poi, in un modo o nell’altro si diventa grandi.
Paola Tudino
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