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Mar 21, 2010 Attualità, Italia
I grandi sindacati sono riuniti in Congresso e discutono delle tematiche del lavoro ( che non c’è ), della crisi ( che c’è e sembra non volerci lasciare a breve) e di immigrazione.
Sono 3 temi forti e che oggi continuano ad essere intrecciati in maniera indissolubile, gli uni con gli altri.
Partiamo dal lavoro.
I disoccupati recenti, dell’ultimo anno superano i 2 milioni e il meccanismo della cassa integrazione viene richiesto senza sosta dalle più svariate tipologie di imprese, siano esse piccole, medie o grandi.
Non sembra che questo scenario sia destinato a cambiare per il meglio, anzi.
Oggi, ci si sente precari anche con un contratto a tempo indeterminato, una volta “roccaforte” per un lavoratore dipendente, però quando arrivano chiusure di attività produttive, stabilimenti industriali e di numerose piccole realtà, anche questa sorta di sicurezza sociale, risulta debole nei confronti del macigno rappresentato dalla crisi.
Esistono gli ammortizzatori sociali, la cassa integrazione per tutti coloro che perdono il posto di lavoro a causa delle chiusure delle imprese.
Non esistono affatto, o solo in parte, per l’esercito di giovani assunti con contratti a tempo determinato e, che alla naturale scadenza dello stesso, non si sono visti rinnovare l’accordo con il proprio datore di lavoro.
La flessibilità nel lavoro ha creato persone tutelate e persone completamente abbandonate o, aiutate solo in parte.
La crisi è senza dubbio la causa di tutti questi drammatici scenari, fin qui elencati.
Sono numerosi i Paesi che si sono ritrovati a doverla fronteggiare con strumenti inadeguati perché, inaspettata.
Fiori di analisti economici non hanno compreso la portata di ciò che si stava verificando, non capendo proprio nulla.
Dalle colonne di questo giornale parlavamo di come questa crisi fosse contraddistinta in maniera forte da manovre messe in atto da finanzieri e banchieri, senza scrupoli, che hanno creato uno scempio con cui ancora oggi, l’economia reale si trova a dover fare i conti.
In tutto questo arriviamo al terzo e non ultimo elemento, quello rappresentato dall’immigrazione.
Oggi, troppo spesso, viene creata ad arte una paura e un pregiudizio continuo nei confronti degli immigrati, di qualsivoglia origine essi siano.
La paura nei confronti del diverso, le difficoltà nell’accettare una vera integrazione di chi viene nel nostro Paese per trovare condizioni di vita e di lavoro migliori, non possono essere accettate.
In tutto questo, il primo marzo 2010, anche gli immigrati che lavorano in Italia, si sono fermati e hanno scioperato anche loro.
L’idea è arrivata dalla Francia ed ha avuto seguito, oltre che in Italia, anche in Belgio e in Spagna.
Ed è proprio qui che i 3 elementi: lavoro, crisi ed immigrazione si legano e si attorcigliano in una matassa, così complicata da sbrogliare.
Il lavoro che non c’è, la crisi economica che preoccupa sempre più, aumenta la propaganda di chi vuole farci credere che l’immigrato oltre ad essere o un clandestino o un potenziale criminale può risultare in prospettiva colui il quale, ti porta via il lavoro (che non c’è).
Proprio questa manifestazione, questo desiderio di far comprendere che la nostra economia ( come quella di moltissimi altri Paesi come il nostro ) produce ricchezza, anche grazie al loro contributo.
Loro svolgono un lavoro che, spesso, noi non vogliamo o non siamo più disposti a fare.
E sono quasi 5 milioni gli immigrati che lavorano in Italia.
Un universo da non sottovalutare ma, soprattutto, da non ghettizzare.
In questo gli adulti sono maestri, la speranza può venire solo dai bambini che impareranno già da piccoli a conviverci e a considerarli anche loro, forse in un giorno neanche troppo lontano, italiani, fratelli, uomini e donne con cui dialogare.
Norman di Lieto
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