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Set 29, 2015 Terza Pagina
Come sempre accade in Italia, Paese dalla memoria sempre troppo corta, nessuno ne parla più, ma Giampaolo Fabris, scomparso cinque anni fa, è stato il più lucido, ammaliatore, istrionico, visionario, poetico, schizofrenico studioso e scrittore dei Consumi in Italia, con qualche eco anche a livello internazionale.
Con la sua voce flautata, il look da guru dandy, sempre un po’ sopra le parti, sapeva centrare previsioni e tendenze con la stessa facilità con la quale un commesso prende una capo da uno scaffale. Si era inventato le Otto Italie, mediandole dagli USA ai quali guardava con attenzione, poi elaborava, approfondiva, inventava e copiava (come fanno tutti i veri creatori) e poi raccontava, con il senso della misura e la fantasia, sempre a portata di mano. La cosa che più stupiva di lui è che era anche un professore universitario, un accademico e questo aspetto lasciava perplessi, perché se c’era uno che con l’impiego pubblico e lo stipendio fisso non aveva nulla in comune era proprio lui.
Poteva guadagnare e ottenere ciò che voleva con le sue creazioni e, vederlo per anni legato ai carrozzoni universitari italiani, era l’unica cosa che rattristava nel suo personaggio. E sì, perché Giampaolo Fabris era un personaggio in tutto: come si vestiva, di scuro e con improvvise macchie di colore, per come amava viaggiare, per come si esprimeva, per come si muoveva e viveva il mondo.
Era forte Giampaolo, aveva un carattere che ve lo raccomandiamo: irascibile e umorale, era guidato da simpatie e antipatie repentine. Con chi scrive aveva un legame strano: non siamo mai andati d’accordo, spesso si questionava, ma la stima era reciproca. L’abbiamo chiamato varie volte a lavorare con noi, con i nostri clienti e lui ci ha chiamato tante volte a lavorare con lui e ha scritto anche una bella prefazione a un nostro libro.
Poi si è ammalato e se ne è andato in silenzio e ci ha lasciato un gran vuoto. Un cervello e una personalità come la sua è difficile ritrovarla.
Mauro Pecchenino
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