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Apr 23, 2017 L'editoriale
Ricevo una missiva da Marco, un cinquantaseienne che vive in Emilia Romagna. E’ tremendamente in crisi, perché è stato lasciato da sua moglie quarantanovenne, dopo 21 anni di vita insieme. Non hanno avuto figli, lui è figlio unico e non ha parenti stretti. Sono sette mesi che abita in una nuova casa e tra un momento di crisi nera e un istante di ripresa, scrive ai giornali. Non mi chiede nulla, ma è intuitivo che attenda da me un parere, una parola di conforto. E credo abbia sbagliato giornale, anzi persona. Caro Marco, non sono la persona più giusta per darti conforto. Ho sempre creduto che sia impossibile stare con la stessa persona per tutta la vita. L’amore e, diamo per scontato che ci sia, prima o poi finisce. E’ fisiologico, normale. Chi sta insieme per una vita confonde molto spesso (mai generalizzare!) l’amore con l’affetto, con la voglia e il desiderio di farsi compagnia, di non restare soli, di aiutarsi nelle varie fasi della vita. Sono senza dubbio forme d’amore, anche se molto vicine al mutuo soccorso, soprattutto quando gli anni passano e si diventa più deboli e vulnerabili. L’amore cambia con il tempo e finisce. Chi riesce a sostituirlo con altro, va avanti, senza quasi accorgersi della differenza. Chi invece sente l’usura dell’amore, della voglia di condividere, tronca il rapporto, lascia, se ne va. E’ giusto così. In questi casi non c’è uno sconfitto e un vincitore. Vince, se così si può dire, chi reagisce, chi guarda avanti, chi non si piange addosso, chi cerca per sé nuove strade che ci sono, esistono. Ho sempre creduto al cambiamento, caro Marco, non riuscirò mai a esser triste se un amore finisce, perché credo che ne inizierà un altro: diverso, nuovo, magari più positivo e bello.
A presto. See you soon. A la prochaine
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