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Mar 08, 2011 Cosa bolle in Pentola
Sebbene tra i rami più giovani dell’economia, il mercato discografico sia tra quelli che più hanno subìto il vento del cambiamento degli ultimi anni, rivoluzioni tecnologiche, e relativi cambiamenti sociali, hanno posto questo settore di fronte a sfide che hanno quasi del tutto annientato pilastri su cui in pochi decenni di vita esso era andato fondandosi. Agli inizi di questa seconda decade il panorama che si offre agli operatori del mercato discografico è un’immensa rete di scambio e di comunicazione le cui parole chiave sono velocità nei passaggi e immediata fruibilità: tale è la situazione, e tali le possibilità (in termini sia di fruizione sia di sharing) a disposizione di una persona dotata di un semplice computer, che viene quasi da chiedersi se abbia ancora un senso parlare di mercato discografico.
Abbiamo posto queste riflessioni a Roxana Pranno, responsabile della casa discografica milanese “Italian Way Music” che ci ha fornito una chiara descrizione della situazione del settore dal punto di vista operativo. Senza in tutto ciò dimenticare i veri protagonisti sostanziali della questione – i musicisti.
All’alba del ventunesimo secolo, in un’era in cui praticamente ogni ramo di produzione è inflazionato e de facto governato ora da questa, ora da quella multinazionale, cosa può spingere qualcuno a creare una nuova etichetta discografica, e soprattutto con quali prospettive?
I secoli portano con sé il cambiamento nelle tecnologie, le quali incidono direttamente non solo sulla cultura, ma soprattutto nella fruizione di essa. E’ proprio su questo fronte che si esplica la rivoluzione reale che ha apportato il ventunesimo secolo e, cioè, la diffusione di internet, modificando profondamente l’approccio delle persone verso la fruizione dei contenuti culturali, inclusa la musica. L’utente, di fronte al proprio pc, vive un’esperienza interamente privata, direi intima, che gli permette di scegliere i contenuti più vicini al proprio stile di vita. In questo contesto, le multinazionali hanno la possibilità di arrivare in modo capillare al pubblico e alla comunicazione di massa. Mentre, con gli stessi meccanismi usati all’opposto, una piccola discografica fa breccia nel mercato personalizzando il prodotto che offre. Sono due logiche di marketing diverse; la prima, risponde all’internazionalizzazione, mentre la seconda si concentra sulla localizzazione. La prospettiva di una discografica indipendente è, quindi, diventare leader nella personalizzazione della musica. Sulle motivazioni per creare una nuova discografica, possiamo dire che tutto nasce dalla passione per la musica e per le sfide. La passione per la musica intesa non solo come concetto artistico o astratto, ma anche come la valorizzazione di un grosso capitale culturale e umano che deve, e dico deve, trovare una traduzione in capitale economico. Penso che il futuro si baserà sempre di più nella creazione di ricchezza attraverso la cultura e le arti, inclusa la musica.
C’è modo di capire realmente come si sta evolvendo il mercato discografico? In questo senso in che direzione deve muoversi un’etichetta discografica che intenda non solo sopravvivere ma anzi rendere competitiva la propria attività e la propria offerta?
Le majors hanno certamente una capacità consolidata di fare lobby e anche un prestigio conquistato nel tempo. Questi fattori sono decisivi al momento di lanciare un’artista sul mercato, poiché riescono a concertare a tavolino con i mass media ed i brand il successo di un nuovo disco o artista.
Possiamo portare a modo di esempio, le operazioni televisive concertate con le discografiche, che attraverso i talent show lanciano sul mercato dei prodotti a zero rischio, cioè, con un successo assicurato in partenza dall’esposizione mediatica dei mesi che precedono al lancio del prodotto.
In questo contesto, le discografiche indipendenti, hanno tuttavia la possibilità di farsi spazio. La chiave è offrire prodotti di qualità e personalizzati a tutte le attività di comunicazione che abbiamo bisogno di contenuti musicali, in parole semplici, produzioni cinematografiche, pubblicità, nuove televisioni e brands. Un aspetto importante che non deve essere trascurato però, è il ruolo delle istituzioni, che debbono promuovere l’industria musicale com’è il caso più conosciuto del supporto di cui gode la cinematografia.
Specularmente, questo periodo vede grosse difficoltà anche per quanto riguarda l’affermarsi di un musicista che sia nuovo al mercato. Sono difficoltà reali o solo apparenti? Nella prima eventualità che strategie occorre allora seguire per portare in superficie il proprio lavoro?
La rete, in particolare le social network, i forum, i blog, sono gli strumenti che le discografiche debbono usare per creare i propri bacini di pubblico. Anzi, è l’artista che si pone in prima persona e stabilisce un rapporto diretto con i fan. Essi sono disposti a pagare per un prodotto musicale, premiando quel musicista che sentono vicino, quando egli rappresenta non solo il proprio gusto musicale, ma in modo più ampio, vive e condivide un sistema de valori comune. Si parte omaggiando un brano, quello più votato on line per poi passare al live e all’interazione con i brand. Come dicevamo prima, è una logica diversa dal prodotto culturale di larga scala. Si tratta di personalizzazione e localizzazione.
Enrico De Zottis
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