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Nov 17, 2010 Terza Pagina
“Non si vede bene che col cuore. L’essenziale è invisibile agli occhi” (il Piccolo Principe)
Un viaggio di oltre un’ora nella totale oscurità. Così si può definire Dialogo nel Buio, anche se questa mostra in realtà è molto di più: è un’esperienza terribile e sensibilizzante al contempo, che trasporta i più fortunati in un mondo normalmente a loro sconosciuto, cercando di far comprendere al pubblico le difficoltà di una vita condizionata dall’handicap della cecità. È un momento per fermarsi a riflettere, per apprendere un messaggio fortemente educativo. Ma questa mostra è anche un forte esempio di speranza, che insegna che in qualche modo la vita va avanti e che si può vivere serenamente anche nella difficoltà.
Il progetto nasce in Germania dall’idea di Andrea Heinecke e arriva in Italia nel lontano 2002 presso la sede di Palazzo Reale, per poi trasferirsi definitivamente nel 2005 nell’edificio deputato dell’istituto dei ciechi di Milano. L’iniziativa ha riscontrato grande successo, attirando oltre 110.000 spettatori solo nei primi 2 anni e dando oggi lavoro fisso a circa 60 non vedenti.
Dialogo nel Buio è la mostra permanente atipica, perché non espone nulla, anzi semmai nega; nega la luce a gruppi di massimo 8 persone alla volta che, condotti all’interno di sale totalmente buie, sono costretti ad orientarsi attraverso 4 soli sensi. Le comitive vengono riunite e dotate di tradizionali bastoni per non vedenti, dopo di ché, sono condotte, attraverso un corridoio in cui la luce va progressivamente svanendo, fino ad arrivare in stanze in cui regna il buio totale, talmente profondo che quasi in un primo momento spaventa e suscita una sorta di senso di claustrofobia. La guida che conduce il gruppo in questo viaggio è rigorosamente non vedente, e fa di tutto per mettere le persone a proprio agio, cercando di mostrare come si vive la quotidianità senza l’uso della vista. Per un’ora e 15 minuti circa di percorso si parla molto, perché la parola aiuta ad orientarsi e così l’udito diventa, insieme al tatto, al gusto e all’olfatto, il mezzo che si utilizza per conoscere lo spazio attorno.
Accanto a questa esperienza principale nascono poi, con il tempo, alcune iniziative collaterali di grande successo. Una è il ristorante Tratto Nero, dove al prezzo di 50€ si può mangiare antipasto, primo, secondo, vini e bevande, seduti a tavola in un ambiente rigorosamente buio. Serviti dalle stesse guide non vedenti, si sperimentano le difficoltà di versare al buio l’acqua in un bicchiere, o di tagliare la carne nel piatto, o di mettere in bocca un cibo che a priori non si sa cosa sia o che sapore abbia.
Cafènoir è invece il locale in cui non conta come si appare ma cosa si dice e comunica. Lo spazio, che sorge all’interno dell’istituto dei ciechi, offre happy hour e musica dal vivo ogni sera dalle 19 alle 23, dal giovedì al sabato compreso. Un’occasione unica per parlare e trasmettere davvero se stessi, in un tempo in cui questa pratica viene meno sempre più spesso.
Altra iniziativa è Teatro al buio, uno spettacolo fatto di suoni in cui si apprezzano essenzialmente la bellezza dei dialoghi e la forza della parola recitata anziché le scenografie mirabolanti; dove contano persino i minimi rumori, perché servono a ricostruire la scena con la propria mente.
Fanno parte dell’ampio progetto anche esperienze di team building per le aziende. Qui si impara a lavorare in gruppo e dialogare con gli altri, con l’intento preciso di insegnare alle persone a sviluppare efficaci comunicazioni interpersonali, utili a raggiungere un obiettivo comune.
Progetti formativi sono stati pensati inoltre appositamente per le scuole; si tratta di vere esperienze educative che vogliono formare nuove generazioni di ragazzi più sensibili ed educati, che siano in grado ancora di utilizzare la propria sensibilità senza dipendere unicamente dalle nuove tecnologie che offrono una comunicazione mediata e per alcuni versi non autentica.
Barbara Pellegrini
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