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Nov 09, 2014 L'editoriale
Negli ultimi mesi, sono stato invitato a tenere alcune conferenze all’estero e in Italia sul tema della Comunicazione come nutrimento, come valore della parola, dal punto di vista aziendale, ma anche e soprattutto della coppia e della famiglia. All’estero si interessano soprattutto alla comunicazione nel mondo del lavoro, mentre in Italia vivono questo tema fondamentale, legato alla famiglia e a annessi e connessi.
In Italia i più preoccupati sono i giovani, soprattutto chi sta intorno ai trent’anni e i loro genitori. Molti di loro, la maggior parte, sono colpiti, in maniera negativa, dai giovani che vanno a lavorare all’estero. Vivono questo aspetto come una condanna, come qualcosa di negativo. In realtà non è così. Tutto il mondo, o quasi, vive anni di notevole crisi, l’Europa, Italia, Spagna, Portogallo, Grecia e Irlanda in particolare, hanno grandi numeri di disoccupati. È però vero anche che la maggior parte dei genitori e dei figli pensa ad un posto di lavoro che è soprattutto un posto di stipendio, dove stare tranquilli, fare orari brevi, esser tutelati, fare le ferie e ogni tanto stare a casa per un mal di capo. In realtà, girano poche idee( e nell’era del web sono un aspetto sempre più imprescindibile) e pochissimo spirito di iniziativa. I genitori non capiscono che i giovani che vanno all’estero lo fanno perché hanno un sogno, una meta che in Italia, in questo periodo, fanno più fatica a realizzare. Ma chi va all’estero deve essere migliore degli altri, più preparato, più smart., più intraprendente, altrimenti viene subito cacciato o farà la fame. Chi sta in Italia e ha idee, iniziativa, capacità, riuscirà a lavorare e magari si staccherà dall’idea balzana dell’impieguccio tranquillo, a poco più di mille euro al mese, sicuro solo per modo di dire. E andando ancor più nella realtà, trasferirsi all’estero vuol dire avere intraprendenza, sapersi gestire da soli ( non con papà e mammà a pochi metri), parlare e scrivere le lingue straniere. L’85% degli Italiani di 20, 30, 40, 50 anni, non possiede queste due caratteristiche e soprattutto non conosce le lingue. Al massimo, le biascica in maniera penosa, confondendo le parole straniere con quelle italiane e adattandole, come nelle barzellette. Nonostante su Linkedin tutti dichiarino di parlare inglese. Non è vero, non lo parlano e non lo scrivono con proprietà di linguaggio. Non parliamo delle altre lingue, per carità. Quindi, c’è poco da spaventarsi di dover andare all’estero: all’estero ci va chi ha una o tre marce in più, una minoranza. Gli altri (non tutti, per carità) fanno fatica a lavorare in Italia, perché cercano il facile, non hanno idee, sono pigri e poco coraggiosi e hanno problemi anche con la lingua italiana. Chi ha idee, inventiva, preparazione ha risultati. Nella mia lunga carriera ho avviato alla professione della Comunicazione e della Parola circa 1.200 persone. Di alcuni non ho più notizie. La maggior parte si sono accontentati di posti di stipendio, con cifre ridicole. Altri, pochi ma non pochissimi, hanno avuto notevoli risultati. Cito solo come esempio i nomi che mi ricordo, mentre scrivo, e li saluto: Alberto Pastanella (Canale 5), Stefano Bortolussi (copywrriter e scrittore), Silvia Carena (Direttore Comunicazione in Multinazionali, ( Marco Pallavicino ( Imprenditore e copywtriter), (Silvia Geremia (imprenditore), Maristella Filippucci (Imprenditore nella Comunicazione), Rossella Beato (Imprenditore nella ricerca e Comunicazione), Cristina Pileggi (Consulente in Comunicazione), Eleonora Arnese (imprenditore nella Comunicazione e Giornalismo). Chi vuol fare, fa.
A presto. See you soon. A la prochaine.
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