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Nov 22, 2014 Attualità, Italia
Roma, dal corrispondente
Nel nostro bel Paese tutto è possibile. È possibile ci si svegli un giorno come hanno fatto candidamente tutti i politici ad ogni livello e si scopra che Tor Sapienza non è Beverly Hills. “Ma come”, si saranno detti i falchetti preoccupati prima di tutto di cavalcare l’ennesima possibile protesta, “Quartieri del genere a pochi km dal centro della capitale?”. E mentre rilasciavano dichiarazioni al vetriolo, già pensavano a come poter guadagnare visibilità nei salotti televisivi che contano. Seduti uno di fronte all’altro, così, sono partiti i dibattiti; avvincenti – per chi guarda – come una briscola in un centro anziani: si diverte solo chi partecipa. Si comincia dalla preistoria e allora si scopre che il campo Rom sta lì dagli anni ’90 quando al Campidoglio c’era Rutelli; però nel 2011 Alemanno ci ha messo del suo aprendo il centro di accoglienza fulcro del fattaccio odierno. Infine si arriva al caro Marino che al momento ha un po’ di problemi con la sua panda rossa – che per il bene di tutti speriamo gli rubino a breve – ma che assicura interverrà non appena possibile. Ha fatto più danni lui al volante in pochi mesi da sindaco che Magù in tanti anni di onorata carriera.
La parte tristemente seria della questione – che non si limita al solo caso romano ma potrebbe estendersi benissimo all’affaire case occupate di Milano – è che alla fine si è ricondotto il tutto ad uno scontro che trova al centro del contendere gli immigrati e la loro collocazione. Proprio come nel capoluogo lombardo. Un problema serio, quindi, trattato in maniera superficiale. Non capendo la gravità della situazione perché nella grande maggioranza dei casi non sufficientemente padroni della materia, trovano utile le istituzioni, dare fuoco alle polveri del qualunquismo. Magari se puntiamo al diverso, si saranno detti, noi ci salviamo.
I cittadini che protestano, però, hanno superato di slancio i politici che pensavano di poterli gestire e pilotare facendo passare il loro dissenso per intolleranza verso gli ultimi venuti e hanno scrollato via le etichette razziali dalle loro ragioni. In più di un’occasione hanno testimoniato, difatti, come il problema sia la mancanza di regole e controlli e non la convivenza in sé che, seppur problematica, perché sarebbe inutile negare che gli attriti esistono, potrebbe essere aiutata con uno Stato più vigile e presente. Dove non c’è autorità, ognuno si fa giudice di se stesso.
Probabilmente la conclusione di tutto sarà lo spostamento di qualche campo Rom e lo sgombero di altrettanti appartamenti, così da buttare fumo negli occhi all’opinione pubblica e tirare a campare un altro pochino. Resta il sospetto che qualcosa di più si potrebbe fare, magari utilizzando quei soldi che le regioni spendono, pardon, buttano ogni anno in vitalizi di cui tanto si sta parlando in questi giorni e attorno ai quali si sta armando una guerra – da parte di chi non vuole perdere privilegi anacronistici – assurda e immorale.
Luca Arleo
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