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Mar 02, 2015 Attualità, Italia
Roma, dal corrispondente
“Voglio essere chiaro: se qualcuno minaccia la Libia, se si cerca di destabilizzarla, questo porterà al caos. Avrete immigrazione e migliaia di persone invaderanno l’Europa, e non ci sarà più nessuno a fermarli. Bin Laden si instaurerà nel Nord Africa e si troverà davanti alle vostre porte d’ingresso.”
Nessun errore né lapsus, queste sono le parole dell’ex dittatore della Libia, il colonnello Gheddafi, rilasciate in un’intervista del 2011, pochi mesi prima che i rivoluzionari – comodamente coperti dall’ombrello NATO – ponessero fine al suo regno, alla sua vita e alla Libia più in generale. Di lì a poco le forze lealiste libiche subiranno sistematici attacchi da parte degli alleati NATO, a trazione francese, che in breve capovolgeranno le sorti degli scontri, favorendo i “democratici” e liberando la miriade di gruppi che Gheddafi era riuscito fino a quel momento a far coesistere in maniera più o meno pacifica. Oggi ci troviamo davanti ad un Paese con due governi, ognuno spalleggiato da diverse fazioni, che si spartiscono il territorio e rendono vano qualsiasi processo per la stabilizzazione della Libia. Della Primavera non c’è traccia e di democrazia non se ne parla proprio. Quando la Farnesina fa sapere dopo la riunione del 18 febbraio all’ONU che “la speranza migliore per i libici è la formazione di un governo di unità nazionale”, verrebbe da rispondere che per concetti così alti non serve smuovere mezzo mondo basterebbe chiedere a qualsiasi persona mediamente intelligente, ma la realtà è ben altra cosa e al momento un’opzione del genere per molti, fazioni libiche in primis, rimane impraticabile. Questo sistema caotico in cui è precipitata la nostra ex colonia ha permesso al califfato islamico di entrare e trovare un terreno relativamente fertile dal quale continuare più che la propria espansione territoriale (che al contrario lo vede in difficoltà in diverse aree), la propaganda mediatica che li vorrebbe inarrestabili e convinti di muovere fin sotto le mura di Roma.
Le minacce all’Italia e al suo Ministro degli Esteri fanno parte proprio di questo atteggiamento che tende a creare tensione tanto alla mondo politico quanto alla cittadinanza che si sente bersaglio di un nemico più o meno invisibile. Ovviamente la cosa va presa con le dovute accortezze senza eccessivi allarmismi ma neanche sottovalutando il problema, il dato però da non tralasciare è quello in cui gli estremisti del califfo si sono poi rivelati assoluti fuoriclasse: la comunicazione e l’indottrinamento. È di questi giorni la diffusione, sempre on line, di un documento redatto in perfetto italiano che, in 64 pagine, spiega a tutti – islamici e non – quali siano i benefici che il nuovo Stato ha portato nei suoi territori da quando è comparso sulla scena. Si va dal calo della delinquenza all’assistenza sociale per i meno abbienti: propaganda politica in piena regola. Quando tramite proclami roboanti minacciano sconvolgenti conquiste nel vecchio continente, a meno che non siano affetti da demenza precoce, devono essere ben consci della fallacia delle loro promesse, ma solo se intese come conquiste fisiche. I fatti di Parigi hanno davvero poco a che fare con l’espansione del califfato in Occidente in senso geografico, ma non meno sono da imputare all’insana ideologia che al-Baghdadi professa e che trova eco in povere comparse pronte ad avere il loro quarto d’ora di notorietà. Purtroppo i danni sono reali e durevoli e offendono il vivere civile con cui milioni di persone di ogni fede e razza si confrontano e si scontrano ogni giorno, senza per questo spararsi o staccarsi la testa.
Luca Arleo
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