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Set 26, 2016 Arte & Musica, Cultura
“Casa da tè ‘luogo di ristoro Echizen’ ya” (1800-1805 circa), Katsushika Hokusai. Pictured by Eleonora Dafne Arnese
Milano
Imponente come un’onda dell’oceano è la mostra “Hokusai, Hiroshige, Utamaro” dedicata ai tre maestri giapponesi dell’ukiyoe, il “mondo fluttuante”. La collettiva – inaugurata in occasione del 150° anniversario del Trattato di Amicizia e Commercio tra Giappone e Italia nel 1866 e promossa dal Comune di Milano con MondoMostre Skira– è in calendario al Palazzo Reale di Milano fino al 29 Gennaio e si articola in un percorso suddiviso in cinque sezioni. Le installazioni, curate dalla Professoressa Rossella Menegazzo, risultano estremamente minimal ed eleganti, in perfetto stile nipponico. L’intera esposizione comprende 200 silografie policrome e libri illustrati, provenienti dalla prodigiosa collezione del Honolulu Museum of Art, e propone ai visitatori un viaggio immaginario nel Giappone di fine Settecento, inizi Ottocento. Il tracciato della mostra si schiude attraverso silografie di piccole e medie dimensioni che, con raffinatezza e perfezionismo, raccontano un mondo lontanissimo rispetto alla nostra cultura, ma dal fascino inconfondibile.
Immagini di uomini, di animali, di architetture domestiche, di paesaggi tra cascate e ponti, la maestosità del monte Fuji, i rituali, le tradizioni, il lavoro nelle risaie, le discipline nipponiche, le stagioni e la sensualità delle donne, sono solo alcuni dei soggetti che Hokusai, Hiroshige e Utamaro hanno scelto nella loro arte fluttuante, per raccontare la propria cultura, condendola spesso di elementi onirici, legati al sogno, al piacere e al godimento del singolo momento, in netta contrapposizione con l’etica severa del samurai.
Lo stupore degli astanti si manifesta ammirando la precisione maniacale delle silografie, frutto di una realizzazione di una équipe articolata, che coinvolge in primis l’artista, poi l’intagliatore, lo stampatore e non per ultimo l’editore che supervisiona, sovvenziona e pubblica il lavoro.
Pur nella loro bidimensionalità, ogni opera riesce incredibilmente a trasmettere il senso del movimento e del tempo, con un gioco di colori in perfetta armonia fra loro. Minuzie e prospettive, impetuosità della natura e immobilità apparente dei rituali, insieme a gestualità antiche, raccontano un mondo incantevole e altresì distante e, per certi versi, sconosciuto dall’Occidente.
Ecco che, quindi, ancora una volta, l’arte – anche nel suo aspetto ludico – diventa specchio riflesso di cultura, conoscenza e dialogo.
Eleonora Dafne Arnese
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