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Mar 24, 2016 Attualità, World Wide
Foto di Giusy Continisio
Ogni giorno, nel mondo, il terrorismo fa sentire la sua voce sinistra. In altre parti del mondo, poi c’è la fame, la siccità, la povertà, la mancanza di lavoro, la sfida per la sopravvivenza. In alcuni Paesi lottare per vivere è pane quotidiano. Uno di questi è da sempre l’Africa, dove il più piccolo problema diventa un vero problema, figuriamoci quando il problema è veramente grande e terribile, come la presenza di Boko Haram la cellula della morte che domina più territori. Le associazioni e le organizzazione di soccorso come UNHCR, l’agenzia dell’ONU per i rifugiati, intervengono come possono, ma la situazione rimane drammatica. E ogni giorno c’è un episodio da raccontare. Come il dramma di Mounta, che a 9 anni stava accudendo poche capre e mucche vicino al suo villaggio in Nigeria. In quel mattino di sole e caldo sembrava ci fosse una grande tranquillità, ma nel giro di pochi minuti è scoppiato l’inferno. Sono arrivati i massacratori di Boko Haram e hanno fatto strage della famiglia di Mounta e razzia del suo bestiame. Il piccolo si è messo a urlare con tutta la forza che aveva in corpo, ma un assassino gli ha calato sulla testa un colpo di machete. L’arma per fortuna, diciamo così, era la versione più piccola rispetto alla solita lama – monstre – che usano quei distruttori di vite. Da parte di tutti, il piccolo era dato per morto e gli hanno buttato un po’ di sabbia sul corpo. Dopo un po’ di tempo la sorella Lama che era l’unica che si trovava lontano dal villaggio e dal pascolo, perché era andata a scuola, ritornando, in mezzo allo strazio, trova il fratellino ancora vivo. Urla, strepita, supplica e riesce a trovare aiuto e salva Mounta. Oggi lui sta bene, è rifugiato in Camerun, insieme alla sorella e gioca spesso a pallone con i suoi nuovi amici.
Nei suoi occhi c’è il ricordo dell’orrore subito e in testa ha una lunga cicatrice.
La sua è tutto sommato una storia a lieto fine. Molti altri, invece, hanno avuto la vita spezzata da questa barbarie. Mounta può sorridere e forse dimenticare.
Mauro Pecchenino
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