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Feb 01, 2016 L'editoriale
E’ da quando ero un ragazzino che amo la poesia. I miei amici mi hanno sempre guardato in maniera un po’ strana, quando parlo di poesia, la leggo, mi isolo per scriverla e studiarla. Posso dire che la poesia per me sia sempre stato un motore della mia vita. Non sempre la mia vita è stata lineare, anzi spesso ha incontrato tanti saliscendi e curve. The long and winding road, un brano magnifico dei Beatles è sempre stata un po’ la colonna sonora dei miei giorni. La poesia è stata però per me l’unica compagnia che non ho mai abbandonato e, a qualsiasi ora del giorno e della notte, mi ha fatto compagnia, rincuorato, dato forza, fatto riflettere. Devo molto alla poesia, alla poesia in generale, anche se gli autori italiani, francesi, spagnoli, portoghesi e inglesi sono i miei preferiti. Poi, non posso mai dimenticare i versi di Léopold Sédar Senghor, il vate senegalese della negritude, che ha scritto in francese brani indimenticabili. Ero innamorato e c’era la poesia accanto a me. Ero triste e c’era la poesia. Ero felice o disperato e la poesia era lì, amica e amante, con le sue parole, nelle lingue del mondo. Mi fa rabbia che l’Italia, il Paese con i poeti più grandi, da Dante a Boccaccio, Petrarca, fino a Saba, Ungaretti, Leopardi e centinaia e centinaia ancora, trascuri la poesia. E che ai giovani venga proposta poco e male. Di tutte le donne che ho incontrato nella mia vita, solo un paio avevano sensibilità per la poesia. Anche i miei amici più cari la frequentano poco. La poesia però sta lì in attesa e quando vogliamo c’è, è presente. Una medicina, un nutrimento, una linfa per la nostra vita.
A presto. See you soon. A la prochaine.
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