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Ago 10, 2015 Attualità, World Wide
Gli Stati Uniti non fanno in tempo a chiudere un accordo storico con l‘Iran che subito devono rivolgere lo sguardo un po’ più ad est dove un altro problema si sta levando imponente a guastare le notti di Barack Obama.
Questa volta a fare i capricci però è un peso massimo della politica mondiale, e quindi le contromisure, come si vuole in ogni scontro, devono evidentemente tenere conto della stazza dell’avversario.
Il fatto riguarda le dispute che da anni si sono accese attorno allo specchio d’acqua chiamato Mare della Cina del sud e che, nell’ultimo periodo, hanno raggiunto un livello di guardia preoccupante a seguito dell’accelerazione portata da Pechino che ha di fatto iniziato la costruzione di vere e proprie isole, dragando il fondale attorno ad alcune già esistenti, per allargarne l’area e renderle idonee a diventare veri e propri avamposti cinesi. La cosa ha suscitato le immediate reazioni dei Paesi che si affacciano nello stesso mare e che da queste manovre si sentono minacciati tanto militarmente quanto economicamente. Ma facciamo un passo indietro. Le acque in questione, in linea generale, non appartengono a nessuno Stato e nonostante negli anni molti di quei Paesi che adesso si levano contro l’azione cinese abbiano fatto lo stesso, nessuno di questi aveva mai avuto l’ardire né le capacità di poterne reclamare un diritto esclusivo. Pechino ha deciso relativamente tardi di cominciare lo stesso percorso di island-building, ma il fatto è che se un micio gioca a fare il cattivo lo si perdona, quando a fare lo stesso è una tigre nessuno è disposto a rischiare. A maggior ragione se quest’ultima è decisa a mettere le mani sull’intera torta ed è l’unica nell’area ad averne le effettive capacità.
Nel contesto già complesso di suo, si inserisce a questo punto l’America che, avendo stretti legami con alcuni Paesi interessati, non può permettere che la cosa proceda indisturbata e ha provveduto a condannare pesantemente tanto a parole quanto con movimentazioni in mare, l’atteggiamento del Celeste Impero. Per ora lo scambio rimane sul piano dello schermaglia verbale e poco più, ma per alcuni analisti la situazione, vista la delicatezza del tema e il numero degli Stati coinvolti, potrebbe facilmente scappare di mano non essendo mancate nel frattempo schermaglie tra marina militare cinese e imbarcazioni civili.
Nel summit annuale dei paesi del sud est asiatico tenutosi pochi giorni fa in Malesia, alcuni momenti di tensione si sono registrati attorno al tema, e nonostante la Cina continui a dire che il suo non è un atto di aggressione, l’assemblea si è spaccata tra paesi pro-Pechino e quelli contrari alla linea del gigante asiatico. Alla fine sembra che la delegazione presente abbia rassicurato tutti che di fatto la Cina ha già interrotto il suo programma, ma staremo a vedere se la realtà corrisponderà alle dichiarazioni.
In ballo ci sono alcuni aspetti pratici quali i giacimenti di materie prime che sembrano trovarsi nei fondali e i diritti di pesca che evidentemente interessano un po’ tutti indistintamente; ma quello che ha preoccupato maggiormente tanto i Paesi asiatici quanto gli USA è la possibilità si concretizzi una zona di controllo cinese che di fatto impedirebbe il libero passaggio alle imbarcazioni straniere in una tratta fortemente commerciale. La pretesa cinese, va detto, non cade del tutto inaspettata nel senso che come in altre situazioni analoghe, poggia su controverse fondamenta storiche fatte risalire agli accordi che seguirono la fine della seconda guerra mondiale.
La situazione sembra ricalcare per sommi capi quanto successo lo scorso anno in Crimea con l’invasione della penisola ucraina da parte di forze russe al di fuori di ogni logica del diritto internazionale in base a supposte ragioni storico-sociali. Vedremo se la questione si fermerà qui o se dovremo aspettarci anche in questo caso un nuovo fronte aperto. La Cina in linea di massima non accarezza con piacere l’idea di trovarsi al centro della scena e preferisce muoversi in maniera meno palese. Vedremo se questo basterà a distogliere il suo interesse nel Mare del Sud.
Luca Arleo
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