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Lug 13, 2015 L'editoriale
Il caldo di quest’estate è piacevole. E’ giusto che faccia caldo nei periodi estivi, l’importante è mantenersi ben idratati. Il tempo libero, i ghiaccioli, il vino bianco ben fresco, il pesce consumato con una buona bottiglia di champagne, vicino al mare o un buon calice di rosso o rosato in un bel posto di montagna, come Gressoney la Trinité, al fresco inebriante della Valle d’Aosta, sono sintomi d’estate. Ognuno di noi ha però la sua estate di riferimento, di ricordo indelebile, stampata nella memoria, lì, ferma negli anni. Di solito sono ricordi dell’adolescenza, di quando giovanissimi, ancora nell’anticamera della vita, l’estate rappresentava un momento di libertà e piccola trasgressione. Per me l’estate ha un ricordo preciso. I mesi trascorsi a Pietrarubbia, nel Montefeltro. Giornate semplici, sempre all’aperto, al contatto costante con la natura, tra campi, alberi di frutta, stalle dove si mungevano le vacche, grandi merende con pane olio e sale, tanti pomodori mangiati interi, qualche fetta di prosciutto crudo tagliato molto spesso, pane burro e zucchero e fette di pecorino. I ricordi di grande socialità vanno però ai momenti della trebbiatura, quando tutti gli abitanti del borgo si davano una mano reciprocamente per sistemare il grano nei ripostigli. Quando finiva la trebbiatura, sull’aia si faceva una grande cena tutti insieme, adulti, anziani e giovani. L’età non contava, partecipavano tutti. Il menù era più o meno sempre lo stesso: tagliatelle al ragù buono cotto a lungo, coniglio arrosto con le patate al forno al rosmarino e la ciambella, il tutto accompagnato da un vinello rosso autoctono, asprissimo. Si cenava e si rideva tanto, tutti avevano lavorato, anche i più piccoli. In particolare ricordo un ‘estate. Avevo compiuto da poco quattordici anni. Dopo la cena c’era sempre qualche suonatore e tutti ballavano. Vicino a me era seduta Luisa, diciotto anni, castana, alta circa 1.80, formosa, vestita con una gonnellina a pieghe e una maglietta chiara. Ad un certo punto mi chiede di ballare. Ero un po’ intimidito da quella ragazzona che consideravo molto più grande di me. Ma sono andato verso di lei. Mi ricordo le sue mani intorno al collo e le mie all’altezza della sua vita. Nell’aria c’era poca luce. Trasportati dalla musica ci siamo naturalmente avvicinati. Sentivo la morbidezza del suo seno generoso e per la prima volta ho sentito uno strano brivido nella schiena, un brivido fino allora sconosciuto, che poi si è come impadronito del mio corpo. Ho chiuso gli occhi fino a che la musica non è terminata. Questo è il mio ricordo fisso d’estate, la mia prima emozione al contatto con una donna, con la morbidezza di un altro corpo. Un’emozione che non ho mai abbandonato.
A presto. See you soon. A la prochaine.
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