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Ago 12, 2012 Attualità, Italia
E’ l’anno delle grandi competizioni sportive, dai campionati Europei di calcio alle Olimpiadi di Londra che ci hanno abituati agli eroi trionfanti sul podio, ma anche al peso delle sconfitte.
Il caso di Alex Schwazer, marciatore azzurro espulso dalle Olimpiadi che, risultato positivo agli esami antidoping, ha ammesso tra le lacrime di aver fatto uso di Epo, è solo l’ultimo caso in cui la fragilità dell’uomo prevale e riporta gli atleti da eroi a “comuni mortali”.
La cronaca tra calciopoli e i non pochi casi di doping ci ha raccontato di sportivi osannati che, spesso all’apice della carriera, macchiano il proprio nome e il mondo dello sport, ormai ben lontano dal poter essere considerato purificazione del corpo e dello spirito. Ma le immagini che fanno il giro del mondo ci suggeriscono anche qualcos’ altro. Circa un mese fa Mario Balotelli, a soli due giorni dalla doppietta che lo aveva consacrato eroe nazionale per aver portato la squadra in finale agli Europei di calcio 2012, sedeva in lacrime al centro di un campo ormai vuoto dopo la sconfitta; adesso Alex Schwazer, di fronte a telecamere e microfoni delle tv di tutto il mondo, piange disperato in conferenza stampa.
L’atleta resta ingiustificabile, come qualsiasi professionista che contravvenga alla propria deontologia professionale e al tempo stesso è innanzitutto l’uomo ad uscire sconfitto dalla più importante delle partite, quella con se stesso e con i propri limiti.
Quando si spengono i riflettori sugli eroi cosa rimane degli uomini?
Davvero il confine tra uomo e eroe vale i venti centesimi di punto che hanno sbalzato l’azzurra Tania Cagnotto giù dal podio olimpico? Rispondere porterebbe a un dibattito infinito.
Simona Vallarelli
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